Roma, oggi. Stefano Parisi è terapista di coppia, Claudia Torrini è avvocato divorzista. Lui è tranquillo, gentile, affabile nei modi e nei gesti. Lei è arrabbiata, velenosa, soprannominata “la jena”. Vivono sullo stesso pianerottolo dove hanno sistemato casa e studio. Si sono conosciuti da bambini ma qualcosa non ha funzionato e ora tra i due volano parole grosse.  A rendere più sopportabile una situazione difficile ci pensa Luca, il figlio adolescente di Claudia…

Dopo una ventennale attività di produzione nel cortometraggio, Max Croci arriva all’esordio su grande schermo “con un copione – dice – che avevo sempre sognato di poter girare”. Una commedia romantica dall’impianto classico ma piena di spunti attuali, “all’americana”, per intenderci”. In effetti, ci si intende ben presto; non passa molto per capire che siamo all’interno di schermaglie tanto più dure quanto destinate a sciogliersi in un tempo utile e non troppo lungo. Otto sceneggiatori hanno lavorato per mettere insieme un copione che si sforza di correre sul filo dell’equilibrio, della credibilità, della simpatia. In più momenti con esiti positivi, bisogna aggiungere, ma non del tutto convincenti. Il meccanismo della “sophisticated comedy” (si citano Hawks, Cukor, Wilder: esagerati!) necessita di incastri implacabili e stringenti, di scambi di battute di improvviso e stordente stupore.

Talvolta un minimo calo di ironia o di umorismo è sufficiente a tenere basso il livello della perfetta armonia.  Croci si destreggia con abilità nei richiami del romanticismo (la finta Parigi, la pioggia, la passeggiata sulla spiaggia), arpeggia tra finzione e verità, suona il violino della commozione ma non tocca la giusta corda del sarcasmo e di un minimo cinismo.

Se Luca Argentero non si illude troppo a sentirsi definire il Cary Grant italiano, e trova accanto una come Sarah Felberbaum, solo a tratti sopra le righe, il filone potrebbe anche proseguire. Niente di nuovo, tuttavia.