Il cinema danese degli ultimi anni, per intenderci quello nato dalla rivoluzione di Lars von Trier e del Dogma ha bandito l'austerità scandinava e si è gettato a capofitto in un modo di rappresentazione viscerale, emotivo, melodrammatico, in cui sensazionalismo e pugni allo stomaco mancano raramente. Nel bene e nel male, figlio del suo contesto è anche Land of Mine, il film di Martin Zandvliet che dopo l'anteprima alla Festa del Cinema di Roma arriva nelle sale italiane.

Il film racconta un fatto storico per anni tenuto nascosto, ovvero l'utilizzo da parte dell'esercito danese di ragazzini tedeschi prigionieri di guerra per sminare la costa subito dopo la fine della guerra; Land of Mine segue il rapporto tragico un sergente e il battaglione con cui affrontare la morte quotidianamente. Scritto dallo stesso regista, Land of Mine è un dramma bellico ispirato ai veri fatti che la Danimarca aveva occultato per decenni e che Zandvliet cerca di raccontare con un occhio alla compostezza formale del film da esportazione e l'altro al pathos a ogni costo. Il film mette in piedi una parabola esemplare per raccontare l'umanità che nasce dalla presenza della morte, dal gioco con il destino e dalla disperazione della guerra filtrandola con il manicheismo, come evidente fin dalla prima scena in cui il personaggio del sergente è tagliato con un'accetta nemmeno troppo affilata; e questa parabola viene costruita con cura narrativa e formale, con un impianto visivo e produttivo di tutto rispetto pensato per affascinare soprattutto gli spettatori internazionali, richiamando modalità hollywoodiane e riuscendo a toccare momenti di intimità non banali.

Peccato che poi Zandvliet forzi grossolanamente il racconto per raggiungere un'emotività sfacciata, come se non fidandosi della sua capacità comunicativa e stilistica, della tensione interna del film, sia dovuto ricorrere a elementi esterni, deus ex-machina fuori luogo tutti afferenti all'ambito della famiglia (il più sicuro per strappare lacrime): come mostrano i meccanismi di suspense via via più prevedibili in cui restano coinvolti vari personaggi del film, sfilacciando l'intera opera e rendendo Land of Mine un film che a furia di semplificare e limare verso il basso la comunicazione col pubblico getta via l'occasione di realizzare una grande opera bellica, che rendesse davvero omaggio alla causa dello sminamento da parte di Amnesty International che il film sostiene.