Un piccolo colpo al cuore quello sferrato dalla regista giapponese Naomi Kawase al pubblico del festival di Cannes. Il suo nuovo film, An, a un anno di distanza da Still the Water che rischiò di vincere premi importanti sulla Croisette, è un gioiello, forse il suo film migliore: racconta il rapporto tra il proprietario di un chioschetto di dolci tipici e una vecchietta malandata, ma eccellente nella preparazione di quei dolci e molto desiderosa di lavoro e contatto umano. Un rapporto che la scoperta del passato della signora renderà ancora più stretto.

Guarda al cinema classico del Sol Levante Kawase, agli insegnamenti di Ozu, e realizza una commovente riflessione sulla vecchiaia e l’avvicinamento alla morte, ma anche su quanto il progresso civile e sociale possa essere direttamente proporzionale al regresso umano: Kawase mostra una vicinanza ai suoi personaggi stupefacente che si amplia fino a diventare empatia prima con le materie prime necessarie per la preparazione dei dolci (la pasta di fagioli rossi che dà il titolo al film) e poi con la natura. Forte di una straordinaria delicatezza di respiro, la regista tira fuori dagli attori, Kirin Kiki in primis, una verità sorprendente. E dagli spettatori più di una lacrima sincera.