"La voce è libertà. Il silenzio è schiavitù". Sergei Loznitsa torna a Cannes dopo My Joy (2010) e In the Fog (2012), entrambi presentati in Concorso, con Maidan, che il Festival ospita come Séances Spéciales di questa edizione. Il regista bielorusso ci riporta ai recenti giorni della protesta in Ucraina: a fine 2013 gran parte della popolazione si riunisce in Maidan Nezalezhnosti (Piazza dell'Indipendenza), per gridare il proprio malcontento contro il presidente Janukovyč, politicamente filo-russo. A dicembre, dopo la sospensione del governo di un accordo di associazione tra l'Ucraina e l'Unione Europea, venne inviata la polizia per intimare alla piazza di sgomberare. La situazione degenerò definitivamente tra gennaio e febbraio, con violenti e feroci scontri, culminati durante la marcia verso il Parlamento: il bilancio alla fine è drammatico, con oltre 100 morti e feriti. Il 22 febbraio terminò la presidenza di Janukovyč.
"Maidan è un'enigma per me, e ancora tento di risolverlo", dice Loznitsa, che a dicembre ha raggiunto la piazza per filmare quanto stava accadendo: "Lo scopo era quello di portare lì lo spettatore e fargli in qualche modo provare l'esperienza di 90 giorni di rivoluzione, mettendolo dentro agli eventi, senza alcun commento o voce-over". Camera fissa e long take: Loznitsa obbliga lo sguardo a farsi testimone di un avvenimento quasi senza precedenti: anche attraverso la presa diretta di voci, urla e slogan. Un prologo, la celebrazione, la battaglia e un post-scriptum: quattro step introdotti da altrettanti cartelli per definire gli avvenimenti anche dal punto di vista temporale.
Maidan non prende le parti di nessuno, semplicemente prende parte alla storia: una marea di persone, unite, in nome di un futuro migliore per il proprio paese. Poi il blackout. La guerra. I feriti. I morti. I funerali, sempre lì, in piazza, dove tutto era incominciato. Per finire nel peggiore dei modi. "Gloria agli eroi! Gloria agli eroi!".