Un documentario inedito, presentato al Cinema Nuovo Aquilone, per riaccendere i riflettori sui conflitti troppo spesso dimenticati: un appuntamento ormai tradizionale, al Lecco Film Fest, che conferma questo suo impegno con la proiezione di The Lost Souls of Syria di Stéphane Malterre – presente in sala – e Garance Le Caisne.

“Ho cominciato a girare nel 2016 – racconta Malterre, intervistato da Gianluca Arnone, caporedattore di Cinematografo – ma mi occupavo della situazione in Siria già dal 2012. Mi sembrava impossibile girare un film in una città, Damasco, che nonostante fosse ancora intatta era già attraversata da voci non ufficiali riguardo persone improvvisate scomparse. All’inizio non mi rendevo del tutto conto della situazione, poi ho iniziato a capire che le persone sparivano a centinaia. E sono rimasto senza parole”.

La genesi del film si compie al rientro in Francia: “Entro in contatto con un certo César che mi fa vedere migliaia di foto di persone torturate e uccise. Capisco definitivamente cosa sta accadendo a Damasco e ne resto sconvolto. Allora con Garance Le Caisne maturo l’idea di girare film per capire meglio cosa stava succedendo alle persone”.

Stéphane Malterre (foto di Stefano Micozzi)
Stéphane Malterre (foto di Stefano Micozzi)

Stéphane Malterre (foto di Stefano Micozzi)

Ad accompagnare la proiezione di The Lost Souls of Syria c’è Stefania Battistini, giornalista e inviata speciale del TG1, impegnata nell’ultimo anno sul fronte ucraino: “Parliamo molto di guerra ma non diciamo nulla di ciò che sta accadendo alla popolazione. È una materia incandescente, dobbiamo combattere le fake news con i fatti. Il mandato di cattura internazionale nei confronti di Putin, per la deportazione illegale di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, è fondato: i bambini spariti sono migliaia, solo un centinaio è rientrato. È una situazione della quale si è occupato anche Papa Francesco, di cui parlano alcuni giornalisti come Nello Scavo, ma è come se tutto ciò che riguarda i civili finisca in un buco nero”.

Battistini era in Ucraina già due settimane prima dell’inizio dell’invasione russa: “Siamo stati ingenui a non capire che quei soldati ai confini stavano per fare un’invasione del genere, qualcosa che in questa scala non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale. Ci siamo chiesti quando saremmo tornati a casa: abbiamo capito subito che non sarebbe stata una situazione rapida. I russi hanno colpito i più deboli, si infilano nelle difficoltà economiche, dei bambini senza genitori non si sa più niente. Perciò gli ucraini sono contenti quando ci incontrano sul campo: non si sentono abbandonati e apprezzano l’onestà intellettuale nel raccontare la loro tragedia”.

Stefania Battistini (foto di Stefano Micozzi)
Stefania Battistini (foto di Stefano Micozzi)

Stefania Battistini (foto di Stefano Micozzi)

Il racconto delle vittime della guerra è il cuore del film di Malterre: “Oggi non è possibile fare film in Siria, non ci sono immagini di ciò che sta accadendo. Anche qui possiamo parlare di buco nero perché il regime di Assad è criminale, nonostante sia nella Lega Araba. È un trauma ancora in corso, migliaia di siriani si sono rifugiati nell’entroterra, in nazioni limitrofi o in Europa. È gente completamente sradicata che ha perso ogni relazione con il proprio paese”.

Andare, vedere, raccontare, come diceva Enzo Biagi: “La guerra si deve raccontare restando ancorati ai fatti, consumando le suole delle scarpe e testimoniando ciò che accade. Un’aggressione del genere deve essere restituita il più possibile senza farne una ricostruzione postuma attraverso il testo: il nostro compito è far vedere la vita di persone che, da un giorno all’altro, sono stati invase a casa propria. Non basta stare seduti in redazione per capirla. Non accetto chi, seduto su un divano, sostiene che il massacro di Buča sia una fake news: io c’ero, ho sentito la puzza dei cadaveri, ho scavalcato corpi. L’Ucraina è sottoposta a una ferocia indicibile, negarlo è criminale”.

Ridestare lo stupore è il tema del festival: come ci riesce un cineasta come Malterre? “Per far percepire la realtà bisogna creare il falso, facendo in modo che chi interpreta la realtà trasmetta quelle emozioni necessarie per veicolare il messaggio della realtà. In Siria ci sono oltre centomila scomparsi: se si fa parlare qualcuno, come il padre di un ragazzo scomparso, ecco che questi fantasmi cominciano a prendere forma. In fondo qual è l’obiettivo? Che la storia di qualcuno diventi la storia di tutti”.