Siccome l’impegno a parole non lo si nega a nessuno ma poi contano i fatti, eccoli i fatti: una giuria tutta al femminile; un manifesto green certificato; una serata di inaugurazione con la presenza di un’interprete dei segni; il premio al coraggio civile di un fotografo costretto a vivere in un luogo segreto, uno staff di soli ragazzi.
Scelte chiare, coerenti con una storia da sempre convinta che il cinema “può cambiare il mondo”, come viene ripetuto anche nel piccolo catalogo della XVI edizione. La convinzione di Pordenone Docs Fest. Le voci del documentario, che ha preso il via ieri e andrà avanti fino al 2 aprile, risuona forte nelle parole con cui il direttore Riccardo Costantini (leggi l’intervista) ha tenuto a battesimo la serata di inaugurazione, mentre ricorda le tante sfide che un progetto culturale come questo oggi deve affrontare, tra guerre, cambiamento climatico, solitudini e disparità a vari livelli e la crisi fortissima dell’arte, e del cinema in particolare, quanto a rilevanza politico-sociale e capacità di aggregare, sensibilizzare, stare dentro i gangli vitali di una comunità.

​​​​​​Ma è questa oggi la linea del fronte con cui i festival si misurano, soprattutto quelli territoriali, chiamati a presidiare, mantenere e, laddove non ci fossero tradizioni già vive, a generare forme nuove e consapevoli di cittadinanza attraverso il cinema. Pordenone Docs Fest, che questo compito lo porta avanti da anni e con pregevolissimi risultati, non nasce dal niente. Dietro questo festival c’è una realtà importante come Cinemazero, un’associazione culturale nata 45 anni fa per iniziativa di alcuni appassionati, che tessera ogni anno migliaia di persone (la famosa comunity) proponendo un’esperienza cinematografica totale. Cinemazero è multisala d’essai; è il “marchio” dietro rassegne e festival che organizza direttamente o indirettamente come Pordenone Docs Fest o il rinomato Le Giornate del Cinema Muto fondato insieme alla Cineteca del Friuli; è partner di iniziative prestigiose come Pordenonelegge o di istituzioni cardine della cultura cinematografica in Italia, La cineteca di Bologna ad esempio, e non solo (quest’anno porterà al Festival di Lione di Thierry Fremaux una mostra su Pasolini e il calcio). È impegnata direttamente nella produzione e nella distribuzione di titoli qualità (soprattutto cinema orientale) con la Tucker Film; è il riferimento territoriale nella didattica dell’audiovisivo per le scuole e per i professionisti del settore.

Nel corso degli anni, Cinemazero ha acquisito importanti patrimoni, custoditi e resi disponibili grazie al lavoro della Mediateca Pordenone e dell’Archivio Fotografico, accanto ai materiali filmici conservati nella Cineteca del Friuli: su tutti il fondo Welles da cui sono emersi ben due film creduti perduti del genio americano. La Mediateca custodisce una collezione di documenti, fotografie di grandi autori, DVD (oltre 20 mila titoli!), libri e riviste messe a disposizione del pubblico e ricercatori, che rispecchiano la storia stessa dell’associazione, caratterizzando anche molte iniziative: dalle mostre internazionali, alle svariate pubblicazioni. Proprio sul versante dell’offerta di tutto questo patrimonio Cinemazero ha vinto negli anni Novanta un’importante causa sui diritti contro Siae, vedendosi riconosciuto l’alto valore culturale del prestito per visione delle opere custodite nella sua mediateca. Oggi questo catalogo è accessibile a chiunque ne faccia richiesta, con una ricaduta importante sul territorio in termini di formazione e socializzazione intorno al patrimonio filmico.

When spring came to Bucha
When spring came to Bucha

When spring came to Bucha

Vivere il presente

Siria, Ucraina, Turchia. Il Pordenone Docs Fest punta i riflettori su alcuni dei fronti più caldi del mondo, rivendicando quel “ruolo sociale” del documentario richiamato in diversi suoi interventi da Costantini. Si è partiti ieri con la visione in anteprima nazionale del potente The lost souls of Syria di Stéphane Malterre e Garance Le Caisne e la cerimonia per la consegna del Premio speciale Images of Courage a Caesar, nome in codice di un ex fotografo siriano che ha documentato a lungo, per conto dei Servizi di sicurezza del suo Paese, le migliaia di corpi torturati e senza vita usciti dalle carceri di Damasco. Nell’estate del 2013 Caesar ha lasciato la Siria, portando con sé migliaia di immagini che hanno consentito di documentare le atrocità commesse dal regime di Bashar al-Assad. Grazie a quelle foto, i famigliari delle vittime hanno potuto riconoscere i loro cari e, dopo oltre cinque anni di indagini e battaglie, ci sarà in Francia il primo processo contro gli alti ufficiali della macchina della morte siriana. Il premio, vista l’assoluta segretezza in cui vive Caesar, è stato consegnato all'autrice del film Garance Le Caisne, giornalista indipendente francese specializzata sul Medio Oriente. The lost souls of Syria non è solo un cazzotto nello stomaco. Nel ricostruire la sorte di oltre 100 mila cittadini siriani "spariti" nei centri di detenzione dei servizio segreti del regime di Assad, questo documentario è anche un'amara, non disperata, attualissima riflessione sull'efficacia e le reali possibilità della giustizia internazionale. Forse un po' lungo, tradizionale per costruzione ma indubbiamente importante. La visione - a partire dalle 27 mila foto di Caesar, da cui parte il percorso di risarcimento e di verità - come atto morale. Non è detto serva a poco.

Non poteva mancare il focus sull’Ucraina. Sabato 1° aprile alle 18 spazio a un’altra anteprima nazionale, When spring came to Bucha di Mila Teshaieva e Marcus Lenz, che racconta la forza degli ucraini, la loro capacità di resistere e rigenerarsi dopo la strage di Bucha, in seguito all'invasione russa dell'Ucraina, un anno fa. Presente a Pordenone Mila Teshaieva, artista, fotografa e regista ucraina. Dai primi giorni della guerra, Teshaieva è stata a Kiev e nella regione di Kyiv, scrivendo, fotografando, filmando quello che descrive come "un momento determinante della storia europea". Tra gli interventi previsti anche il fotografo friulano Pierpaolo Mittica, che presenta il suo ultimo reportage, And Then the Winter Came, con cui ha documentato le condizioni di vita della popolazione civile ucraina negli scorsi mesi, e Olmo Parenti autore del videoclip della canzone Tango di Tananai, presentata all’ultimo festival di Sanremo, storia d’amore a distanza di Olga e Maxim, ucraini separati dal conflitto. La primavera può tornare anche nelle storie e nei luoghi più bui.

Dall'Ucraina alla Turchia: nella serata di sabato interverrà Enes Freedom (nato Enes Kanter), giocatore dell’NBA, famoso per le sue battaglie in opposizione al premier turco Erdogan, che ha messo addirittura una taglia per la sua cattura. A seguire, proiezione e incontro con i registi del film in anteprima nazionale My name is Happy, di Nick Read e Ayse Toprak: la storia commovente di Mutlu Kaya, una ragazza con il dono di una voce incredibile. Diventata una star grazie a un talent TV, sopravviverà al tentato femminicidio di un uomo che la vuole in sposa, diventando paladina delle battaglie per i diritti delle donne in un Paese ancora maschilista.

Le donne

Sono proprio le donne le grandi protagoniste di questa edizione. A partire dalla giuria, internazionale, tutta al femminile, composta dalla regista cilena Valeria Sarmiento, dalla regista e sceneggiatrice Costanza Quatriglio e dalla giornalista e critica cinematografica Beatrice Fiorentino.
Al femminile è dedicata anche la bella retrospettiva "Donne con la macchina da presa", curata dallo storico e critico del cinema Federico Rossin, in collaborazione con i principali archivi italiani. Una selezione di film che hanno documentato la storia, il pensiero e le azioni del movimento femminista italiano. Ieri i primi due titoli della rassegna: L'aggettivo donna, nato come film di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roni Daopoulo e considerato il primo film femminista italiano, e La lotta non è finita!..., che testimonia le pratiche di lotta e i momenti di riflessione e dibattito del movimento di liberazione delle donne.

Da segnalare, tra le matinée dedicate alle scuole, anche My name is Charity, di Floriane Devigne, che racconta il viaggio di una giovane donna nigeriana dall'incubo dello sfruttamento della tratta verso una nuova vita, alla ricerca del proprio posto nel mondo.

Marcel Marceau in The Art of Silence
Marcel Marceau in The Art of Silence

Marcel Marceau in The Art of Silence

Inclusività

Nella serata di inaugurazione abbiamo assistito all’intervento, a fianco di ospiti e curatori, di un’interprete dei segni in sala: una piccola attenzione in cui c’è tutta la sensibilità del festival per i temi dell’inclusività. Una folta delegazione di non udenti ha assistito all’apertura, offerta al bel documentario The art of silence dello svizzero Maurizius Staerkle Drux, sulla vita del leggendario artista e mimo Marcel Marceau. In sala, oltre al regista e al direttore della fotografia, c’era Louis Chevalier, ballerino, nipote di Marceau. Un film che è anche una testimonianza di quanti straordinari modi esistano di comunicare. E del resto: che linguaggio usare per essere inclusivi?

Domanda che ha animato una vivace tavola rotonda con la scrittrice Giulia Blasi, Charl Landvreugd, artista e curatore del museo Stedelijk di Amsterdam, la giornalista Paola Dalle Molle, fra le promotrici di Carta di Pordenone, Stefano Ondelli, professore di Linguistica all’Università di Trieste, Barbara Tuzzolino, curatrice delle Linee guida per una comunicazione rispettosa delle differenze di genere ai Musei Reali di Torino.

Un tema al centro di White Balls On Walls, il documentario di Sarah Vos che racconta il dietro le quinte del museo Stedelijk di Amsterdam: una nuova prospettiva sulla storia dell'arte, ma anche il tentativo di molte istituzioni storico-culturali di essere inclusive.

Le novità del programma

Non solo prime visioni: il festival da quest'anno presenta la nuova sezione: Italian Doc, Future!, dedicata a film recenti di registe e registi italiani selezionati per la loro originalità, opere che, a qualche tempo dalla loro prima proiezione, vengono riproposte, per aumentarne la visibilità mediatica e costruire nuovi percorsi, rinnovando l’attenzione degli spettatori e del mondo Industry, dagli esercenti agli altri addetti della filiera. Al via anche la prima edizione di Nord/Est/Doc/Camp, il nuovo laboratorio di accompagnamento e consulenza per documentari in fase di ultimazione, prodotti nel nord-est, promosso da Pordenone Docs Fest con Trento Film Festival ed Euganea Film Festival, grazie al sostegno delle Film Commission e dei Fondi audiovisivi del Friuli Venezia Giulia, del Veneto, del Trentino e dell’Alto Adige. Quattro i progetti selezionati: Lazzarone di Francesco Mattuzzi (produzione Planck Films, Rovereto), Lisca Bianca - Nata libera di Giuseppe Galante e Giorgia Sciabbica (produzione Ginko Film, Venezia), The Other Side of the Pipe di Marko Kumer (produzione Incipit Film, Udine), e Vista mare di Julia Gutweniger e Florian Kofler (produzione Albolina Film, Bolzano).

I film, nella loro ultima fase produttiva, intraprenderanno il programma di incontri e workshop in cui autori e produttori potranno confrontarsi con esperti del settore, per elaborare strategie e soluzioni efficaci, al fine di esprimere il massimo potenziale dai film in lavorazione.

Tutto il programma: www.pordenonedocsfest.it