C’era anche Krzysztof Zanussi all’incontro con gli artisti che Benedetto XVI tenne nella Cappella Sistina il 21 novembre 2009: “Un momento che ricordo con sentimento ambivalente – ci dice al telefono il regista polacco -. Da un lato le altezze di un discorso magistrale sul rapporto tra arte e bellezza. Dall’altra il rammarico per non aver sviluppato ulteriormente questo dialogo, che sarebbe stato prezioso per la comunità degli artisti e la Chiesa stessa”.

Eppure quel monito di Benedetto ai “custodi della bellezza” sembra destinato a risuonare ancora a lungo, in un’epoca in cui l’arte in generale e quella cinematografica in particolare, faticano a ritrovare una connessione più profonda con l’essere umano.

“E’ un richiamo imperituro. Vale per tutta la predicazione di Benedetto XVI, un uomo che ci ha sempre incoraggiato ad abbracciare un orizzonte ultimo di senso, a riconoscerci in un destino che si compie oltre il Tempo e La Storia. Quella Storia in cui i suoi scritti verranno letti e meditati a lungo”.

Trova che il nostro tempo non sia stato particolarmente attento al suo messaggio?

“Ha avuto un problema di comunicazione, non lo si può negare. Era un uomo timido, riservato, contrariamente a una certa rappresentazione che lo dipingeva invece come uomo forte e autoritario. Il carattere, la formazione, l’attitudine, non lo hanno certamente agevolato nel suo rapporto con i moderni mezzi di comunicazione. È una difficoltà che riguarda tutta la Chiesa ma per lui si è trattato di una faccenda ancora più gravosa: è stato un maestro della Parola in un tempo in cui conta soprattutto l’immagine. Un Papa inattuale, orgogliosamente e preziosamente inattuale.”

Ci sono stati altri malintesi riguardo al suo magistero?

“Sì, il fatto che venisse etichettato come conservatore. È un appellativo insensato, prestato dalla cultura politica. Un concetto che non si confà al mondo della Chiesa, che ragiona su altre categorie: l’elemento mistico e l’orizzonte temporale sintonizzato sull’Eterno.”

Il suo lascito più importante?

“Ce ne sarebbero tanti. Cito quello che avverto come più vicino a me e al mio lavoro: la riconciliazione tra Fede e Ragione. È un tema fondamentale. Lo vediamo oggi in cui paradossalmente è la scienza a recuperare la dimensione del mistero e rilanciare interrogativi metafisici. Avverto una profonda sintonia tra il messaggio cristiano e le recenti evoluzioni della fisica dei quanti”.

E dal discorso agli artisti del 2009 che cosa conserva?

“La bellezza come valore assoluto. Faro, spinta e obiettivo dell’arte. In un mondo dominato ancora dal postmodernismo, resta un richiamo molto netto e indifferibile”.