Dal 21 febbraio scorso i doppiatori italiani sono rimasti a bocca chiusa. Voci spente – ne ha già fatto le spese l’episodio 7 di The Last of Us – per uno sciopero proclamato e rinnovato di settimana in settimana (al momento dovrebbe terminare il prossimo 14 marzo), sostenuto dall’ANAD – l’Associazione Nazionale Attori Doppiatori per “la necessità di rinnovare il contratto scaduto da anni e di dare ai lavoratori tempo e risorse per esprimere al meglio la loro professionalità”.

Qualche giorno fa, il 7 marzo, l’ANICA – Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali ha fatto sapere che “sono state diffuse alcune notizie e comunicazioni imprecise sull’andamento dei negoziati per la stipula di contratti del comparto cine-audiovisivo. È opportuno ricordare che dal gennaio 2022 si sono tenuti ben 15 incontri fra le parti sociali sul CCNL troupe e 15 incontri sul CCNL doppiaggio”.

Per capire meglio quello che sta succedendo e come sta evolvendo la situazione abbiamo raggiunto telefonicamente Federica De Bortoli, voce italiana di numerose star internazionali, da Natalie Portman a Kristen Stewart, passando per Isla Fisher e Rachel McAdams, Anne Hathaway, Noomi Rapace e Amy Adams, doppiatrice dall’età di 4 anni quando, ancora bambina che non sapeva leggere, imparava le battute a memoria della piccola Rudy (Keshia Knight Pulliam) nella popolare sitcom I Robinson, con Ferruccio Amendola che doppiava il protagonista, Bill Cosby.

"La situazione è questa: siamo in vertenza sindacale perché il nostro contratto collettivo nazionale del lavoro è scaduto nel 2008. Solamente intorno al 2017, mi pare, venne stipulato un accordo ponte che sarebbe dovuto durare un paio d’anni. E invece da allora non è più successo nulla”, spiega Federica De Bortoli, che fa anche parte del consiglio di ANAD.

"Per la giornata di ieri avevamo previsto un sit-in di fronte alla sede dell’ANICA, a Roma, ma abbiamo deciso di non farlo perché è arrivata la comunicazione di richiesta di un incontro che, verosimilmente, dovrebbe avvenire all’inizio della prossima settimana”.

Incontro “inusuale, perché di solito le trattative non dovrebbero essere condotte durante uno sciopero, ma siamo speranzosi possa essere il primo passo verso la risoluzione di una protesta che, nostro malgrado, finisce per coinvolgere anche i fonici del doppiaggio, costretti a stare fermi perché noi non lavoriamo”.

Anche per questo le varie associazioni di categoria (l’ADID, i direttori di doppiaggio, l’AIPAD, gli assistenti al doppiaggio, l’AIDAC, gli adattatori dialoghisti), tutte in sciopero insieme all’ANAD, stanno costituendo dei fondi di sostegno per gli associati ma anche e soprattutto per i fonici, i quali, ribadisce De Bortoli, “non sono formalmente in sciopero, lo subiscono. Ora sono tutti freelance a partita iva, se non lavorano non guadagnano, e rappresentano una figura professionale fondamentale per il nostro lavoro perché senza di loro sarebbe impossibile completare le varie fasi del doppiaggio. Anche il NUOVO IMAIE, che si occupa del diritto connesso, farà partire un fondo per i propri associati doppiatori che sono in difficoltà e hanno perso il lavoro durante lo sciopero”.

"Il comparto cine-audiovisivo “è tutto in subbuglio, gli attori non hanno un contratto collettivo nazionale di lavoro, non lo hanno mai avuto. Le altre maestranze non so se abbiano contratti scaduti, le troupe, gli stuntman, i generici, non sono ancora arrivati ad uno sciopero, c’è stata un’assemblea generale il 4 marzo al Cinema Aquila dove hanno parlato un po’ tutti”, dice De Bortoli, che aggiunge: “Noi siamo stati in qualche modo apripista: non credo che il nostro sciopero possa andare a toccare il lavoro degli attori, delle troupe, va però certamente a penalizzare i fonici di sala, di mix, i sincronizzatori”.

Non è la prima volta che i doppiatori si fermano (“a fine anni ’80 lo sciopero durò qualche mese, poi ce ne furono altri nel 2002-2003, anche nel 2008 mi pare e anche a ridosso dell’accordo ponte”, ricorda De Bortoli), ma questa volta la richiesta di un nuovo CCNL prevede anche una profonda riflessione sui cambiamenti inevitabili che hanno investito questo lavoro: “Con l’avvento della digitalizzazione, di per sé vantaggiosa, c’è stata però un’accelerazione dei tempi per quello che riguarda i ritmi del nostro lavoro, per non parlare della mole di sessioni aumentate a dismisura con l’arrivo e la diffusione delle piattaforme. Dopo il periodo pandemico poi, escludendo ovviamente i mesi di lockdown in cui tutto è stato fermo, l’iperproduzione per la fruizione domestica si è riversata su tutto il nostro settore e soddisfare una domanda simile è diventato pressoché insostenibile”.

Per non parlare della questione relativa alla cessione dei diritti d’autore con lo spauracchio all’orizzonte dell’intelligenza artificiale che potrebbe sintetizzare le voci: “Abbiamo sempre firmato la cessione dei diritti che con il passare del tempo si è modificata con l’avvento delle nuove tecnologie. Ora ci viene chiesto di cedere il diritto alle major che possono poi rimaneggiare la tua voce, modificarla, prendere dei pezzi per il machine learning, sorta di algoritmo con il quale poi l’intelligenza artificiale incamera dati che accrescono un bacino sempre più ampio. Non so in quanto tempo l’AI riuscirà a riprodurre un’emozione, è una cosa che oggi come oggi non possiamo prevedere”, dice ancora Federica De Bortoli, che ribadisce: “Il rinnovo del contratto deve tenere conto di queste dinamiche di lavoro totalmente cambiate, spero dunque si arrivi ad avere più tempo per lavorare in modo che la qualità possa essere sempre dominante. Questo dovrebbe aiutarci a combattere l’intelligenza artificiale: più abbassi la qualità più l’orecchio si abitua ad una qualità medio-bassa, magari automatizzata, ad una interpretazione fatta da una macchina. Molti di noi ancora cercano di salvare capra e cavoli, di affrontare questa iperproduttività mantenendo una certa qualità. Però molto spesso anche chiedere un momento in più per rivedere la scena crea ansia perché pensi che il turno non si chiude e quindi ti preoccupi per la società, per i tempi tecnici, per l’aumento dei costi”.

Federica De Bortoli
Federica De Bortoli

Federica De Bortoli

In ballo c’è anche, e soprattutto, il futuro di una professione che al momento non permette alle nuove leve di formarsi come poteva avvenire nei tempi passati.

“Ci sono molti ragazzi, anche bambini, davvero bravi ma costretti a lavorare in una certa maniera, senza avere la possibilità come accaduto a me o a mia sorella (Barbara De Bortoli, ndr) di ritrovarsi con grandi maestri che avevano modo e tempo per insegnarti. La nostra è stata una generazione guidata da donne e uomini meravigliosi, direttori di doppiaggio che magari ti ‘massacravano’ facendoti ripetere più e più volte la scena, per tirare fuori la perfezione e affinare un talento capace di trasmettere sempre delle emozioni, rendere giustizia a interpretazioni da Oscar. Ora purtroppo si insegue la quantità a scapito della qualità: la nostra lotta è anche per questo, per innalzare la qualità, per darci la possibilità di insegnare, trasmettere conoscenza alle nuove leve. Combattiamo affinché i giovani trovino la loro identità, ora si rischia l’omologazione, non emerge quella personalità unica che ogni voce dovrebbe e potrebbe avere. Se hai un bagaglio dietro, persone che ti hanno insegnato, riesci a dare il meglio: ai miei tempi i giovani che si affacciavano nel nostro mondo potevano assistere in sala, rubare con gli occhi, penso a grandi nomi come Manlio De Angelis, Cesare Barbetti, lo stesso Ferruccio Amendola. Ora con il rischio pirateria e l’avvento della riservatezza ci sono standard di sicurezza altissimi, è impossibile assistere ai turni. Prima negli stabilimenti potevi entrare, ora anche a causa del Covid se non hai il turno non puoi entrare. Come è ormai prassi lavorare tutti su colonne separate, da soli, e anche questo aspetto non aiuta molto”.