In Italia, un fenomeno come Mare fuori non si vedeva da anni: nata per Rai 2, cresciuta su RaiPlay, esplosa grazie a Netflix, alla terza stagione ha abbondantemente superato i 100 milioni di visualizzazioni, con una platea formata prevalentemente da spettatori con meno di venticinque anni.

Prodotta da Rai Fiction e Picomedia, ha generato un nuovo star system: Massimiliano Caiazzo (Carmine Di Salvo), Valentina Romani (Naditza), Nicolas Maupas (Filippo, ‘o Chiattillo), Matteo Paolillo (Edoardo Conte), Giacomo Giorgio (Ciro Ricci), Ar Tem (Pino ‘o Pazzo), Maria Esposito (Rosa Ricci). Le canzoni originali sono tormentoni (la title track ha appena ricevuto il Disco di Platino e conta oltre 35 milioni di streams), sui social dilagano meme e clip. E già si parla di un remake americano.

Mare fuori è scritta da Cristiana Farina (che l’ha ideato) e Maurizio Careddu, che nel curriculum ha titoli come Un posto al sole, La squadra, Squadra Antimafia, Benvenuti a tavola e Rocco Schiavone. L’abbiamo incontrato per parlare di Mare fuori e non solo.

Come nasce Mare fuori?
L’idea risale a più di dieci anni fa, quando Cristiana Farina fece un laboratorio di scrittura all’Istituto Penale per i Minorenni di Nisida a Napoli ed ebbe l’idea della serie. Propose il progetto, ma forse i tempi non erano ancora maturi ma qualche anno dopo Cristiana lo ha riproposto e stavolta la Rai lo ha accettato. A quel punto sono stato chiamato a lavorare con lei e la richiesta che la Rai ci fece, con il capostruttura Michele Zatta, fu quella di un prodotto rivolto al pubblico giovane.

E poi?
Da lì abbiamo iniziato un profondo lavoro di documentazione sul campo, soprattutto nei due IPM campani, Nisida e Airola. Ma è stata fondamentale anche l’associazione Scugnizzi, che si occupa del reinserimento dei ragazzi nella società: entrare in quel mondo e parlare con ragazzi ci ha permesso di creare personaggi che fossero il più possibile realistici. Non facciamo un documentario ma un racconto: ma la verità che si sente è figlia di quegli incontri.

Artem e Massimiliano Caiazzo in Mare fuori (credits: Sabrina Cirillo)
Artem e Massimiliano Caiazzo in Mare fuori (credits: Sabrina Cirillo)

Artem e Massimiliano Caiazzo in Mare fuori (credits: Sabrina Cirillo)

Dall’esordio su Rai 2 nel 2020 al trionfo di oggi: ve l’aspettavate?
È chiaro che ci speravamo ma non potevamo immaginarlo in queste proporzioni. Il successo si deve a tanti fattori e il merito è di tutti: la scrittura, la produzione, Picomedia di Roberto Sessa, la regia, gli attori, la Rai che ci ha creduto. All’inizio gli ascolti erano buoni, in linea con quelli della rete, tant’è che la serie è stata rinnovata per una seconda stagione ma il vero successo è arrivato dopo.

Il caso è molto interessante: un prodotto pensato per la televisione lineare che esplode grazie alla fruizione streaming.
Già su Rai Play ha avuto un ottimo andamento, molto costante e sempre in crescita, ma è su Netflix che è scoppiato il fenomeno: è arrivato tra la seconda e la terza stagione ed è diventata la serie italiana più vista sulla piattaforma senza essere un contenuto originale di Netflix. La cosa più incredibile è la trasversalità della platea: ragazzini certo, ma anche adulti di tutte le fasce di età. Ma la cosa che ci fa maggiormente piacere è che Mare fuori sia arrivata a un pubblico che per principio non vede le serie Rai.

Cosa intende?
Molti pensano, sbagliando, che sulla televisione generalista ci sia un tipo di serialità non in linea con i tempi: è un pregiudizio che deve cadere.

Di serie Rai ne ha scritte parecchie…
Ho cominciato con Un posto al sole: una grandissima palestra, un processo industriale che non ammette pause. Il nostro mentore, il capo progetto l’australiano Wayne Doyle che ha ideato la soap, ci diceva sempre: “feed the monster”. Nutri il mostro, altrimenti sarà il mostro a mangiarti. Aveva un’etica del lavoro pazzesca, ci stimolava affinché spiazzassimo il pubblico. È una serie sottovalutata, forse vittima di una visione troppo snobistica: c’è un lavoro di scrittura molto profondo per restituire realismo. E poi ha un personaggio impareggiabile: Napoli.

Maria Esposito, Matteo Paolillo, Antonio D'Aquino in Mare fuori (credits: Sabrina Cirillo)
Maria Esposito, Matteo Paolillo, Antonio D'Aquino in Mare fuori (credits: Sabrina Cirillo)

Maria Esposito, Matteo Paolillo, Antonio D'Aquino in Mare fuori (credits: Sabrina Cirillo)

Cosa risponde a chi accusa Mare fuori di cavalcare la narrazione di una Napoli violenta, nel solco di Gomorra?
Gomorra è una serie che ho amato moltissimo ma è diversa da Mare fuori. Noi non mitizziamo il male anche se siamo consapevoli del fascino che può esercitare soprattutto sui più giovani e per questo stiamo molto attenti a non proporlo come modello vincente ma come qualcosa da cui stare lontano.

Giudicate il male, ma non giudicate mai i protagonisti: che sia questo il segreto?
Chiediamo ai nostri protagonisti di scegliere chi vogliono essere e da che parte stare. Perché il bene esiste anche se ha meno fascino del male. Mare fuori parla della possibilità di sbagliare, di cadere ma anche dell’importanza di sapersi rialzare. È il titolo stesso a dirci che c’è qualcosa per cui combattere: il mare fuori va conquistato.

Napoli torna anche in un’altra sua esperienza di scrittura, La squadra.
Nasceva da una costola di Un posto al sole, c’era lo stesso team dietro, ma il genere crime offriva la possibilità di esplorare altri aspetti dell’umanità napoletana. E soprattutto metteva in scena un gruppo di poliziotti che quotidianamente, tra mille difficoltà, lottava per far rispettare la legalità in un territorio complicato.

Da cinque stagioni scrive, con Antonio Manzini, un’altra serie di successo: Rocco Schiavone.
Rispetto a Mare fuori ha un altro tipo di pubblico, sicuramente più adulto. La prima stagione ha avuto un grande impatto perché è una serie lontana dalla serialità generalista. Ha come protagonista un personaggio imperfetto, anticonvenzionale, un antieroe ma con una grande umanità, creato da Antonio Manzini nei suoi libri e che Marco Giallini ha perfettamente incarnato. Questa quinta stagione è partita fortissimo in termini di ascolti, soprattutto perché va in onda su Rai 2, e speriamo di continuare.

Marco Giallini in Rocco Schiavone (credits: RAI; foto di Cristina Di Paolo Antonio)
Marco Giallini in Rocco Schiavone (credits: RAI; foto di Cristina Di Paolo Antonio)

Marco Giallini in Rocco Schiavone (credits: RAI; foto di Cristina Di Paolo Antonio)

Anche Mare fuori continuerà.
Tra maggio e giugno partiranno le riprese della quarta stagione, ma si parla già di quinta e sesta. Per un autore è bello che ci sia un orizzonte più lungo, che permette di sviluppare un’ampia progettualità e di seguire meglio i personaggi.

Che è una peculiarità dei teen drama, un po’ come SKAM, che anche in Italia ha rivoluzionato il genere…
SKAM mi piace, è un’ottima serie ma è l’adattamento di una serie che nasce in Norvegia. Mare fuori è nata qui ed è stata venduta molto all’estero e molti paesi vogliono fare l’adattamento. È bello che anche le nostre serie abbiano una vita fuori dai nostri confini.

Anche se, come ogni teen drama, c’è il problema che, a un certo punto, i protagonisti non saranno più teen.
In un IPM si può restare fino ai 25 anni (qualora il reato cui è riferita la misura sia stato commesso prima del compimento della maggiore età, ndr), ma è chiaro che in qualche attore la differenza di età si vede. Che qualcuno esca è fisiologico ma crediamo che i nuovi arrivi possano appassionare allo stesso modo il pubblico.

C’è qualche personaggio a cui è più affezionato?
È difficile scegliere perché amo tutti i personaggio che abbiamo creato con Cristiana e che ogni interprete ha arricchito. Però vorrei citare Pino: in fase di scrittura stavamo cercando di renderlo più rotondo, più completo ma non riuscivamo ad immaginarcelo fino in fondo. Poi abbiamo incontrato un ragazzo in un IPM ed improvvisamente abbiamo capito che avevamo Pino di fronte. Mi sento in debito con quel ragazzo ma anche con tutti gli altri che abbiamo incontrato, c’è qualcosa in ognuno di loro nei personaggi di Mare fuori.