Il ricordo di un amore perduto e l’allegria di un carnevale interiore, la malinconia per un appuntamento mancato e la passione che travolge all’improvviso: è stata una voce unica, quella di Ornella Vanoni, morta a 91 anni chiudendo una vita terrena che sembrava senza fine.

Nacque attrice: studiò al Piccolo Teatro di Milano, dove conobbe Giorgio Strehler, primo e tormentato amore, che la fece debuttare nel 1956 in Sei personaggi in cerca d’autore e per lei costruì un repertorio musicale basato su alcune antiche ballate dialettali, le cosiddette canzoni della mala. Nel teatro c’è il battesimo artistico della nostra interprete per eccellenza, con la timbrica modulata sull’esigenza di farsi sentire fino in fondo alla sala e la gestualità di chi ha imparato a gestire con intelligenza lo spazio scenico (la vedremo, ormai diva consumata, a costruire parabole muovendosi lentamente o a passi felpati).

Capita la vocazione musicale, per oltre sessant’anni è stata una magnifica presenza delle nostre esistenze, voce della nostra malinconia: che incitasse all’avventura o parlasse di un amore perduto, Ornella Vanoni ha sempre giocato a carte scoperte, anticipando le nostre certezze e rivelandoci il desiderio di non voler essere come tutti.

E il cinema – che lei ha frequentato occasionalmente: la ricordiamo almeno protagonista della bizzarra distopia I viaggiatori della sera di e con Ugo Tognazzi – non poteva non cogliere la possibilità di farsi commentare da lei: sono tanti i film attraversati dalle sue canzoni, alcuni memorabili a prescindere da lei e altri che, nel momento in cui si impone la sua voce, diventano improvvisamente travolgenti. Un feeling che ha prodotto anche un album: Canzoni da films (1976), con pezzi o cover tratti da colonne sonore.


“Senza fine” (1961)

La canzone che Gino Paoli scrisse per lei, “luna e stelle” con le mani grandi, è anche un classico del cinema, da Il volo della fenice (1965) a Che cosa è successo tra mio padre e tua madre? di Billy Wilder (1972) fino a La pazza gioia di Paolo Virzì (1983), ma è con la voce di Vanoni che costella i cieli di Sapore di mare di Carlo Vanzina (1983). E così Elisa Fuksas intitola il film in gloria di Ornella, il documentario musicale più imprevedibile degli ultimi tempi.


“Senza di te” (1967)

La sentiamo in Certo, certissimo, anzi... probabile di Marcello Fondato, 1969), commedia birichina a voltaggio femminile (le star sono Claudia Cardinale e Catherine Spaak) in cui c’è anche l’evergreen Una ragione di più (1969). “Che uomo sei se non riesci a capire chi ti sa dare un vero amore? E vuoi farmi soffrire, perché?”.


“Domani è un altro giorno” (1972)

Indimenticabile cover di The Wonders You Perform e cavallo di battaglia della divina, è protagonista della scena in discoteca di La prima notte di quiete (1972), il capolavoro di Valerio Zurlini che sembra parafrasarne il testo struggente, il malessere crepuscolare, il tormento emotivo, lo sguardo di Alain Delon. “È uno di quei giorni che ti prende la malinconia, che fino a sera non ti lascia più”.


“Quei giorni insieme a te” (1972)

È già di per sé clamoroso, ma la voce di Vanoni esalta fino all’estasi il linciaggio della maciara Florinda Bolkan nel cult di Lucio Fulci, Non si sevizia un paperino (1972): annunciata da Rhythm di Riccardo Cocciante e Crazy di Wess & The Airedales, la sequenza trionfa in tutta la sua tragicità quando la signora comincia a cantare. “E mi vergogno un po’ di averti detto sì”.


“L’appuntamento” (1970)

La signature song di Vanoni – e la sua affettuosa maledizione – è puro cinema (la melodia aperta, le immagini precise, il climax emotivo...): se n’è accorto Steven Soderbergh che l’ha consacrata in Ocean’s Twelve (2005) ma soprattutto Duccio Tessari, che la usa per plasmare la malinconia di – ancora! – Delon nel bellissimo noir Tony Arzenta (1973). “Sono triste tra la gente che mi sta passando accanto, ma la nostalgia di rivedere te è forte più del pianto”.


“Ti voglio” (1977)

Inno all’amore fisico, alla passione senza filtri e all’emancipazione femminile, la sentiamo in Avere vent’anni di Fernando Di Leo (1978), scandalosa e libertina avventura di due ragazze che cavalcano la cultura libertaria. Vanoni è stata davvero la voce delle donne libere. “Tu mi fai volare, quando sto con te so anch’io volare”.


“La voglia la pazzia” (1976)

Il carnevale struggente di Vanoni s’attaglia alle crisi di Gabriele Muccino, che la inserisce nella colonna sonora de L’ultimo bacio (2001). Per il sequel, il più cupo Baciami ancora (2010), torna all’Ornella brasiliana con la straziante Io so che ti amerò, sempre da quell’album monumentale. “A questo punto buonanotte all’incertezza, ai problemi, all’amarezza”.


“Rossetto e cioccolato” (1995)

Un regista dj come Paolo Sorrentino, uno che si esalta anche nell’utilizzo antifrastico del commento musicale, non poteva schivare la discografia di Vanoni. E per Le conseguenze dell’amore (2004) ricorre a uno dei suoi classici più recenti, così lascivo nell’accostare una relazione sentimentale alla preparazione di un dolce, per restituire la banale assurdità del male. “Sarà bello, bellissimo, travolgente lasciarsi vivere totalmente”.


“Dettagli” (1973)

Capolavoro composto da Roberto Carlos ed Erasmo Carlos, tradotto da Bruno Lauzi, quintessenza della nostalgia e del rimpianto, appare in Kiss the Future di Nenad Cicin-Sain (2023), documentario sul concerto degli U2 nella Sarajevo post bellica. C’è spazio per i racconti degli abitanti e c’è un memorabile filmino di matrimonio con questa canzone in sottofondo.


“Se ci sarà domani” (1977)

Ferzan Ozpetek è dichiaratamente un fan – e un amico – di Mina, la cui voce riecheggia spesso nei suoi film. Ma il momento più bello del suo Nuovo Olimpo (2023) è dovuto a Vanoni: la grande storia che travolge le vite comuni, un incontro mancato, la sensazione di una fine. “Perché io morirei se dopo questo giorno, amore, mi dicessi: ‘Domani non ritorno’”.


“Sant’allegria” (1997)

Un brano un po’ dimenticato dei tardi anni Novanta trova nuova linfa grazie al duetto con Mahmood, uno dei tanti artisti giovani che Vanoni ha frequentato negli ultimi tempi. Una rivisitazione straziante che puntella l’apice emotivo di un film altrimenti mediocre come Tre ciotole (2025), adattamento del romanzo di Michela Murgia firmato da Isabel Coixet. “Un’altra frase, mezza frase aspetterò sperando che sia vera”.


Bonus track: “E così per non morire” (1973)

Nel 1973, Vanoni incise questo brano scritto da Elide Suligoj con le parole di Luciano Beretta e l’arrangiamento di Bill Cont. Tre anni dopo l’uscita del disco, Conti riutilizzò senza permesso la melodia per comporre il brano della colonna sonora di un film americano. Quel film era Rocky.