“Il mio è un film sul riscatto dei semplici, degli ingenui e su chi è ancora capace di guardare il mondo con stupore”. Parola di Saverio Costanzo che oggi ha presentato in concorso a Venezia 80. il suo Finalmente l’alba. Prodotto da Wildside e Rai Cinema il film racconta il viaggio lungo una notte della giovane Mimosa (Rebecca Antonaci), che, nella Cinecittá degli anni Cinquanta, diventa la protagonista di ore per lei memorabili. Una notte che da ragazza la trasformerà in donna.

“Inizialmente volevo scrivere un film sull’omicidio della giovanissima Wilma Montesi, avvenuto nell’aprile del 1953 e che rappresentò per l’Italia il primo caso di assassinio mediatico- racconta il regista-. Fu uno spartiacque per la storia italiana perché da quel momento le cronache raccontano che l’Italia perse l’innocenza. La stampa speculò sulla vicenda, che coinvolgeva personalità della politica e dello spettacolo, e nel pubblico nacque un’ossessione che presto diventò indifferenza. Dalle cronache scomparve la vittima per fare posto alla passerella dei suoi possibili carnefici. Poi, come accade spesso scrivendo, l’idea iniziale è cambiata e piuttosto che far morire l’innocente ne ho cercato il riscatto. Sono arrivato qui seguendo la meraviglia, il candore, lo stupore di questo personaggio. Volevo raccontare chi era Wilma il giorno prima che morisse. A quel punto mi è venuto in mente il personaggio di Mimosa, un’aspirante attrice, che viene da una famiglia piccolo borghese opprimente. Un personaggio che a un certo punto riesce a cambiare la storia di Wilma”.

Ma chi è Mimosa? “La protagonista è un foglio bianco. Ognuno dei personaggi in cui s’imbatte scrive la sua storia su di lei, senza paura di essere giudicato, una sorta di specchio nel quale ognuno si riflette. Mimosa è una ragazza semplice, una giovanissima comparsa di Cinecittà che nella Roma degli anni 50 accetta l’invito mondano di un gruppo di attori americani e con loro trascorre una notte infinita”.

E poi: “Mi sono ritrovato a raccontare una storia di cinema perché Mimosa è di quello voleva vivere. È una storia fatta di tanti frammenti diversi. Ed è una risposta alla nostalgia, parla di cosa è oggi il cinema italiano”.

Nel cast anche Lily James, Joe Keery, Rachel Sennott, Alba Rohrwacher e Willem Dafoe.

“Tutti questi personaggi negativi in realtà sono solo degli insicuri. Quando incontrano Mimosa piano piano ognuno si toglie le proprie fisime. Per esempio il personaggio interpretato da Willem Dafoe non è negativo, ma è una sorta di Caronte buono e quello, interpretato da Lily James, ha tutte le nevrosi tipiche della diva. La vita per loro negli anni cinquanta era un inferno, dovevano essere sempre seducenti, ammalianti, fatali e fare quello che gli veniva richiesto dal sistema. Gli artisti non sono mai pericolosi, chi è pericoloso sono gli squali da salotto. Tutte le persone che la accompagnano in questa notte non sono pericolose”. “Sono cresciuta insieme al mio personaggio. Mimosa è una ragazza ingenua, essenziale, semplice. Non è una che finge, lei è sé stessa e basta”, dice Rebecca Antonaci.

Un racconto di formazione al femminile, con una giovane donna protagonista. Quanto è stato importante raccontare questo mondo da un punto di vista femminile?

“Mi trovo più a mio agio con i personaggi femminili- risponde il regista-. Non è una strategia. Mi viene naturale. Credo che sia più imprevedibile, più divertente e che sia un’esperienza molto più elettrizzante”. E a proposito di personaggi femminili dice: “Anche L’amica geniale è una sorta di manifesto femminile e femminista. Mi piace sviluppare quella parte femminile che ho dentro di me e che do per scontata. Mi sembra di crescere e migliorare ogni volta. Tutti gli uomini dovrebbero sviluppare la propria parte femminile. Ho deciso di interrompere l’esperienza de L’amica geniale perché ero un po’ stanco e avevo paura di danneggiarla. Ho scritto due copioni e poi è venuto fuori questo”.

Sulla ricostruzione dell’epoca e di Cinecittà racconta: “Ho sempre fatto adattamenti letterari e l’immagine era sempre nelle mani dello scrittore. L’immagine del cadavere di Wilma Montesi era rimasta nella mia memoria. E quando mi sono messo a scrivere, forse anche perché avevo raccolto tante informazioni sugli anni cinquanta, mi sono anche divertito nell’immaginare e nel ricostruire quel tipo di iconografia e questa storia di Wilma che era una comparsa e voleva fare l’attrice. Cinecittà non è solo uno studio cinematografico. Cinecittà siamo noi con le nostre maestranze, le nostre comparse, i nostri atteggiamenti e la nostra cialtroneria. Questa è la differenza con uno studio cinematografico più impersonale”.

Infine conclude: “L’epilogo della storia di Mimosa riconsegna la dignità della memoria a Wilma Montesi. Lei riesce a sopravvivere. E riesce a domare la leonessa. Volevo dare l’idea che Mimosa riusciva a domare la sua paura. Il mio potrebbe essere un film complesso. Ma è anche un film molto semplice e proprio per questo per me è complesso. D’altronde questo non è un paese semplice per una donna. È anche pericoloso”.

Finalmente l’alba uscirà nelle sale il 14 dicembre distribuito da 01 distribution.