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Familiar Touch
“Viviamo in una società in cui dare assistenza viene vissuto come un onere, invece io ho voluto sottolineare la nostra umanità”. Così Sarah Friedland, qui al suo esordio in un lungometraggio, già apprezzata regista e coreografa alla presentazione di Familiar Touch, film che ha trionfato lo scorso anno a Venezia nella sezione Orizzonti vincendo ben tre premi (tra cui il Leone del futuro per l’opera prima) e che uscirà nelle nostre sale dal 25 settembre distribuito da Fandango.
Protagonista assoluta l’attrice Kathleen Chalfant (The Affair, House of Cards, Kinsey, Duplicity), qui nel ruolo di Ruth, un’anziana affetta da demenza senile, che si trova dentro una casa di cura. “L’unica differenza tra me e Ruth, che abbiamo la stessa età, è la questione della perdita di memoria” spiega Kathleen Chalfant. “La persona che soffre di questo disturbo vive solo ed esclusivamente il momento presente. Non è connessa con il passato e non guarda il futuro. Come facciamo noi quotidianamente che normalmente viviamo nel presente”.
E ancora: “Il film parla della forza della vita che continua. Io sono una ottantenne che ha ancora una propria sessualità. Le persone anziane non sono asessuate. E per me è stato importante che anche questa parte del mio personaggio fosse raccontata. La vita non cambia dentro e i desideri rimangono pur invecchiando”.
Sulla lunga genesi del film la regista, che lo ha anche scritto, racconta: “Ci ho messo più di quindici anni per farlo. Ho cominciato a scrivere la sceneggiatura quando ancora ero al college. Era per me più un esperimento per capire se ero in grado di realizzare qualcosa di narrativo. Nel tempo la sceneggiatura ha subito tantissime trasformazioni. Anche per il casting ci è voluto tantissimo tempo. Ho sempre voluto Kathleen Chalfant, ma all’epoca lei era troppo giovane. Le difficoltà di realizzazione poi mi hanno consentito di poterla scegliere visto che erano passati molti anni”.


Kathleen Chalfant in Familiar Touch
(Armchair Poetics)La regista ha tratto ispirazione dalla sua pregressa esperienza come assistente alle persone anziane e il film è una produzione intergenerazionale realizzata in collaborazione con i residenti e gli operatori di una comunità di riposo di Los Angeles. “Ho lavorato per molto tempo con alcuni artisti anziani ai quali ho insegnato cinematografia. Nel realizzare questo studio abbiamo spiegato agli operatori non solo la recitazione, ma anche la parte tecnica su come si fa un film. Ognuno poi ha scelto in quale settore si poteva trovare meglio. Gli operatori non sono solo attori, ma hanno partecipato anche a livello tecnico per questo motivo c’è stata questa grande integrazione tra la scrittura drammaturgica e il contesto reale”.
E prosegue: “Spesso viene raccontato il punto di vista dei parenti, e si descrive una persona che perde la memoria. Io invece ho voluto raccontare il punto di vista di Ruth. Non mi sono concentrata sull’aspetto cognitivo, ma su quello più fisico e sensoriale. Inoltre raramente si racconta il lavoro di assistenza che viene fatto intorno agli anziani. Io ho voluto mettere l'accento su questo. Questo è un film che parla dell’invecchiare, del dare e del ricevere assistenza. È dunque un film per tutti perché tutti noi facciamo esperienza di queste cose. In più le patologie, come la demenza senile, stanno aumentando anche se non ho cifre precise. Stanno crescendo i casi perché le persone vivono più a lungo”.
Familiar Touch è supportato dalla Federazione Alzheimer Italia, e arriverà nelle sale in occasione della Giornata Mondiale dell'Alzheimer (21 settembre) e del mese dedicato alla malattia. Il lancio del film è stato anticipato dalla campagna tattica “Missing Ruth”, diffusa sui social e con affissioni in alcune delle principali città italiane. L’iniziativa, ispirata a un episodio chiave del film, ha acceso i riflettori anche sul tema dell’Alzheimer e della demenza, incuriosendo e sensibilizzando il pubblico con messaggi ad alto impatto tratti dallo storytelling.