È il 1975 ed Henry Kissinger (morto oggi a 100 anni) è uno degli uomini più potenti del mondo: nel settembre 1973 – un anno dopo essere stato incoronato dal Time come persona dell’anno insieme al presidente Richard Nixon – viene nominato segretario di stato, qualche mese dopo riceve il Premio Nobel per la pace per aver negoziato gli accordi di pace di Parigi mettendo fine alla guerra del Vietnam, nel frattempo interferisce nelle vicende di altri paesi, per esempio sostenendo attivamente Augusto Pinochet nel colpo di Stato militare in Cile. Inoltre è un mondano, seduce e si fa sedurre, dispensa battute e aforismi. E, tra le altre cose, vanta una vaga somiglianza con Alberto Sordi.

Nasce così Il mio amico Henry, titolo provvisorio di una commedia mai girata in cui l’attore avrebbe dovuto interpretare un sosia del politico e diplomatico americano. È una storia riemersa nel 2018, grazie alle ricerche di Luca Martera, nel numero 592 di Bianco e Nero dedicato al divo romano, Sordi Segreto, che rende conto di altri progetti mai realizzati da Albertone, tutti piuttosto borderline (dal Mussolini privato vessato da donna Rachele alla storia trombettiere italiano del generale Custer unico superstite della battaglia di Little Big Horn).

“Gli somiglio così tanto – rivela Sordi in una intervista data a Il Monello – al punto che quando vado negli Stati Uniti la gente si ferma a guardarmi per strada, mi blocca e mi chiede l’autografo. Il personaggio di Kissinger mi affascina. È un po’ Metternich, un po' Talleyrand, non sta mai fermo, tira le fila dei destini del mondo…”. Del film si parla al Festival di Cannes, Sordi si fa fotografare nei panni del personaggio, per la regia si punta nientemeno che a Billy Wilder con la carta Ettore Scola in caso di diniego o lo stesso Sordi pronto ad dirigersi.

A scrivere la sceneggiatura c’è Sergio Amidei, fedelissimo di Sordi, che chiede aiuto ad Age & Scarpelli, che nel 1973 hanno fatto Vogliamo i colonnelli, una satira fantapolitica che immagina un maldestro colpo di Stato in Italia, con esplicite allusioni ai due celebri tentativi del dopoguerra, il Piano Solo e il Golpe Borghese. L’idea è di farne una commedia degli equivoci, anche se, a poco a poco, gli sceneggiatori studiano meglio il profilo di Kissinger, approfondendo il suo ruolo nelle vicende estere, dando una consistenza più inquietante al personaggio.

Poi qualcuno suggerisce a Sordi di lasciar perdere e il film si arena. E i motivi sembrano essere tutti politici: nell’Italia con il Partito Comunista più votato d’Europa, nel pieno della strategia della tensione e al culmine dei cosiddetti anni di piombo, è troppo scomodo e forse addirittura svantaggioso fare ironia sul machiavellico padrino dello scacchiere geopolitico. Quando Nixon se ne va e arriva Jim Carter, Sordi ci riprova, ma ormai il treno è partito. Resta l’aneddotica ed è curioso notare che l’attore, già anziano, ha sfiorato anche un altro film scomodissimo sulla controversa faccenda di Gladio (se ne parla qui).

Kissinger, al cinema, ci è finito più volte: a parte nei documentari, da The Trials of Henry Kissinger (2002) a Kissinger (2011) passando per altri in cui è comprimario di lusso come Salvador Allende (2004) e Agnelli (2017), è interpretato da Paul Sorvino in Gli intrighi del potere – Nixon (1995), Ron Silver nel tv movie Kissinger and Nixon (1995), Saul Rubinek in Le ragazze della Casa Bianca (1999), Liev Schreiber nell’imminente Golda (2023).

Poi c’è chi dice che ci sia lui dietro il dottor Stranamore del capolavoro di Stanley Kubrick, ma è un’illazione, dato che nel 1964 è solo un prestigioso professore di Harvard di area democratica, un ebreo espatriato dalla natia Germania per sfuggire a quel nazismo a cui il personaggio del film non è proprio insensibile. Ma è una leggenda e le leggende, a volte, sono più potenti della realtà.