Presentato in anteprima come film d’apertura al Giffoni 2025, dal 18 luglio al cinema con Vision Distribution, Unicorni è un elogio alla diversità e alla libertà di essere sé stessi. Firmato da Michela Andreozzi, interpretato da Edoardo Pesce e Valentina Lodovini nei panni dei genitori di un unico figlio di nome Blu (l’esordiente Daniele Scardini), un bambino di nove anni, dai lunghi capelli, che adora vestirsi da femmina e ancor di più da Sirenetta. Libero di farlo, ma solo in casa e con il permesso di mamma e papà, perché quando poi lo farà fuori casa le cose non andranno poi tanto bene.

Divisi tra il desiderio di assecondarlo e quello di proteggerlo, i due intraprenderanno un percorso di consapevolezza e accettazione in cui saranno accompagnati da un gruppo eterogeneo di coppie di “Genitori Unicorni” guidati da una psicologa interpretata dalla stessa Michela Andreozzi.

Nel cast anche Lino Musella, Thony, Donatella Finocchiaro e Paola Tiziana Cruciani.

Sulla scia de Il ragazzo dai pantaloni rosa (film campione d’incassi 2024 basato sulla vera storia di Andrea Spezzacatena, un quindicenne vittima di bullismo che si tolse la vita nel 2012), Unicorni affronta, non solo il tema del bullismo, ma soprattutto il difficile percorso a ostacoli verso il riconoscimento della propria identità di genere. Argomento contemporaneo, di certo, e poco affrontato sul grande schermo a livello nazionale (viene in mente uno dei pochi doc sul tema ovvero Normal di Adele Tulli, un viaggio nelle norme e nelle convenzioni sociali del nostro paese dove le bambine giocano ancora con i ferri da stiro e i bambini a calcio) e questo è sicuramente un punto a suo favore. Ma le tante sfaccettature di una realtà complessa purtroppo qui vengono raccontate in modo piuttosto retorico e didascalico. Insomma la polarizzazione, proprio quella che qui si vorrebbe combattere, in realtà fa spesso capolino.

Bravo Pesce nel rendere le contraddizioni di un uomo scisso, tra la voglia di deviare il figlio verso attività più “maschili” (ma i percorsi di arrampicata nei parchi avventure non sono ormai sdoganati come unisex?) e il desiderio di farlo contento comprandogli biglietti per film di principesse e tutù rosa. Un po’ meno riuscito il personaggio della Lodovini, ormai specializzata nel ruolo della mamma al fianco di Fabio De Luigi nei film di Alessandro Genovesi (10 giorni senza mamma e via dicendo) e normalmente perfetta in questa parte, mentre questa volta invece fin troppo urlante, più mucciniana si direbbe.

Troppo estremo il personaggio di Lino Musella, che si professa un esempio di mascolinità sana al grido di gare tra bambini in cui: “l’ultimo che arriva è gay”. Se, come fa capire il film, dire la verità è diventato un atto rivoluzionario, allora forse i personaggi più autentici e che si accordano con questa rivoluzione sono proprio i secondari: la preside della scuola, ovvero Paola Tiziana Cruciani, tranchant nella sua teoria che l’educazione spetti alla famiglia, mentre l’istruzione alla scuola. E la Finocchiaro, ex moglie di Edoardo Pesce, qui psicologa non praticante che chiude il film con qualcosa da tenere bene a mente per il futuro: “La scuola ha bisogno di educazione emotiva, non (solo) di programmi scolastici”. Lo stesso vale per questo film, nato con il supporto di Genderlens (associazione di genitori di bambine gender creative, persone trans e loro alleat*) nonché per il cinema in generale.