Jonathan Pryce è uno scrittore americano di origine ebraica, modellato con ogni probabilità su Philip Roth, in procinto di ricevere il premio Nobel. Glenn Close è la moglie Joan, da oltre quarant’anni devota al marito, a cui ha sacrificato ambizioni e talento.

Il viaggio a Stoccolma, tuttavia, rappresenta l’occasione giusta per far riaffiorare i nodi irrisolti del passato della coppia, pronti a venire a galla e a deflagrare con inaspettata violenza.

Pryce dimostra la consueta eleganza e Glenn Close, a settant’anni suonati, possiede ancora fascino e carisma da vendere, ma lo script, col suo gioco prevedibile di ribaltamento dei ruoli e incastonato nel meccanismo consueto attraverso cui si articolano le storie di rivalsa, rivela limiti evidenti che la regia incolore di Björn Runge non riesce tamponare.

 

Basato su di un romanzo di Meg Wolitzer, The Wife ha l’ambizione di scavare dentro le dinamiche della creazione artistica letteraria e, allo stesso tempo, di denunciare la condizione del genio femminile costretto a una domestica sottomissione, ma sconta una confezione anodina e un finale ritorno all’ordine decisamente irritante; l’intensità della Close, comunque, vale da sola il prezzo del biglietto.