Finlandia, estate del 1939. Il tredicenne orfano Karl Berg approda su un'isola del Mar Baltico per lavorare come assistente del guardiano del faro, Hasselbond, uomo dal carattere tirannico abituato a gestire con pugno di ferro la vita del proprio nucleo familiare. Giunto dal tetro ambiente di un orfanotrofio, Karl è disposto a lavorare duramente pur di rimanere sull'isola ad imparare il mestiere, superando l'iniziale rifiuto del dispotico custode; ben presto, nasce una sincera amicizia fra il giovane orfano e Gustaf, uno dei due figli di Hasselbond.
Il rapporto fra i due giovani è tuttavia messo a dura prova non appena il guardiano comincia a mostrare una netta preferenza per il nuovo arrivato, trascurando il figlio che ritiene un incapace. Il tempo passa. Pian piano, vengono sempre più a galla i conflitti nascosti sotto l'impenetrabile tela delle dinamiche familiari, all'ombra di un lutto mai completamente accettato ed elaborato. La vicenda si avvia così a un epilogo catartico che evita, però, le tinte fosche della tragedia e che, ai più, potrà forse sembrare irrisolto.
Ennesima storia di formazione che si adagia sui cieli lividi del mare del Nord e sulla natura aspra di un'isola e di un mare battuti da venti gelidi, The disciple è incentrato su un microcosmo autonomo, dal sapore concentrazionario, i cui sporadici contatti con l'esterno, con la terraferma, non sono che piccoli teatrini di composta ipocrisia, maschera dei più intricati rovelli interiori che agitano l'intimità domestica. La dinamica della gioventù è qui espressa in un gioco di forze centrifughe e centripete, le prime incarnate in Gustaf, il bambino che sogna l'avventura marinaresca e la fuga; le seconde, invece, sono simboleggiate da Karl, l'orfano ossessionato dal bisogno di stabilità e di affermazione dell'ego. Terzo vertice del triangolo (e non a caso la geometria che i due ragazzi studiano per passare l'esame di licenza marinaresca è un tema ripetuto costantemente lungo tutto il film), vertice estremo è infine l'uomo Hasselbond (un bravissimo Niklas Groundstroem), figura autoritaria e complessa, padre frustrato, violento, lavoratore indefesso e insofferente delle trasgressioni, ma al contempo inesorabilmente solo nella sua lotta contro un destino, ma forse è meglio dire contro una Natura silenziosa, muta.
Il film di Ulrika Bengts, in conclusione, è una bella prova che riesce a ritrarre con tatto quella sintonia, quel singolare accordo, pur paradossale, tra l'indifferenza della Natura e la miseria umana.