Due cuori e una carie. Lei, aspirante produttrice televisiva, lui, talentuoso jazzista, in mezzo un film che guarda a Douglas Sirk, melodramma virato in black, ma si risolve in un sdolcinato, stucchevole e miope modernariato televisivo, ovvero Amazon: è Sylvie’s Love, a Natale su Prime Video, per la regia di Eugene Ashe (Homecoming), starring Tessa Thompson (Sylvie) e Robert (l’ex giocatore di football Nnamdi Asomugha), battezzato dal Sundance.

Ambientato a New York a cavallo tra Anni Cinquanta e Sessanta, inquadra la figlia di un negoziante di dischi, aristocrazia di Harlem, e un sassofonista tanto bravo quanto oscurato dal leader del quartetto: si annusano, si piacciono, si amano, si lasciano, con due traiettorie professionali divergenti, rosea per la TV producer, grigia per il musicista, costretto anche a far le spese dell’era Motown.

I colori non sono peregrini, giacché Ashe, complici immagini di repertorio e la fotografia di Declan Quinn, celebra vastamente il Technicolor, con effetto nostalgia canaglia ma anche simulacro, inteso quale copia di un originale invero mai esistito: tutto appare spurio, posticcio, perfino menzognero – si direbbe, a parte qualche tratteggio, i neri non abbiano mai subito discriminazioni, al più le donne – e infine distante.

Buone le musiche, Fabrice Lecomte per le originali, per carità, addirittura ottimi i costumi, di cui la Thompson fa dovizioso e orgoglioso sfoggio, ma sono ammennicoli, orpelli, superfetazioni di una sostanza fittizia, fallace e fallimentare: se non un amore, à la Carmen Consoli, di certo un film di plastica.

Non possono riscattarlo l’assertività di Tessa e il sorriso di Nnamdi, la sensazione è del diorama sentimentale, del vintage d’accatto. E di dubbio gusto: lontano dal paradiso di Todd Haynes, lontano dal cuore.