I morti viventi sono tornati. Anzi, a dire il vero, non se ne sono mai andati. Ma c'è un'isoletta, al largo della costa nordamericana, dove si cerca di affrontare la situazione in maniera differente. In contrasto da generazioni, le casate degli O'Flynn e dei Muldoon non riescono a trovare sintonia nemmeno di fronte agli zombie: i primi li fanno fuori senza pensarci due volte, invitando gli stranieri ad arrivare sull'isola per trovare sicurezza, i secondi - che invece ammazzano tutti i volti nuovi che incontrano - preferiscono metterli in catene, sperando che un domani ci possa essere una cura per far tornare "in vita" le persone amate. Quando sull'isola arriverà un gruppetto di militari, la situazione è pronta ad esplodere definitivamente...
"No man is an island", diceva John Donne. E aveva ragione. Ma non aveva fatto i conti con George A. Romero, con i suoi morti viventi, e con la nuova metafora di un luogo (saranno forse gli USA?...) che guarda con sospetto lo "straniero" e gestisce ogni tipo di situazione manco fossimo in un western. Il cineasta che diede il via ad uno dei filoni più fortunati del genere horror non fa mistero di preferire gli zombie agli esseri umani, e dopo il recente Diary of the Dead (mai uscito da noi, arriverà in DVD) porta in Concorso a Venezia la sua ultima (?) "riflessione" sul rapporto tra viventi (pochi) e non: inconsapevole arresa o morte definitiva di un cinema horror superato e sbilenco? Probabilmente la seconda delle due ipotesi, anche perché Survival non spaventa, ha poco ritmo, strappa qualche risata (questa comunque ricercata dal regista) e offre quell'unico spunto narrativo. Gli zombie lenti e caracollanti non abitano più qui: nell'era de La horde i morti viventi sono tutt'altra cosa...