Ci sono tanti motivi per accogliere con gioia il nuovo film di Francis Ford Coppola, Tetro, presentato al Festival di Torino e dal 20 novembre nelle nostre sale come Segreti di famiglia.
Innanzitutto, Coppola è un Padrino di regista, e ogni suo ritorno è cosa buona e giusta.
Secondo, dopo il deludente e pretenzioso Youth without Youth, Tetro illumina lo schermo con un fascinoso bianco e nero, che fa pensare alle Nouvelle Vagues anni '60, per (ri)trovarsi fresco, ottimista e vitale come il saggio di diploma di un grande talento.
Ancora, utilizzando all'inverso il colore – saturo - per i flashback, Coppola e il suo notevole direttore della fotografia Mihai Malaimare Jr. ci regalano uno straordinario crash automobilistico, che evoca potenzialità, se solo Francis volesse, da mago dell'action-movie, alla faccia dei registi ipervitaminizzati della “new hollywood” contemporanea.
Poi, c'è la storia, in cui complessi edipici e riflessi autobiografici la fanno da padrone, con un figlio (Vincent Gallo, bravo) artista costretto ad andarsene perché il padre (Klaus Maria Brandauer, mefistofelico), egocentrico direttore d'orchestra, decide che in famiglia c'è spazio per un solo genio.
Grazie a Dio, nel clan Coppola le cose sono andate diversamente, ma questo rischio Francis deve averlo vissuto sia da figlio che da padre, e ora ce ne rende partecipi, aprendo le porte a un dramma davvero formato famiglia, girato nella Boca di Buenos Aires.
Sceneggiatore, produttore (con la Bim di Valerio De Paolis), regista e negli Usa pure distributore, il nuovo Coppola, esauriti gli “impegni” con le banche, è totale e totalizzante, famelico (da Godard e Welles fino a Powell e Pressburger) e colto, povero e finalmente indipendente. 
Una gioia, dunque, o quasi, che si fa perdonare lungaggini e rovelli, complici le ottime prove del cast (ci sono pure l'esordienteAlden Ehrenreich, Maribel Verdù e Carmen Maura): Tetro è la "Youth with Youth" del 70enne Coppola. Che dire? Baciamo le mani!