Dopo Rata nece biti - Non ci sarà la guerra, Daniele Gaglianone torna alla regia con Pietro, in concorso al Festival di Locarno, prodotto da Gianluca Arcopinto e distribuito da Lucky Red.
Un autore - sì, lo è - che ci è sempre piaciuto, Gaglianone, capace di offrire uno sguardo resistente sulla Resistenza nell'esordio I nostri anni  (2000) e di intercettare delirio psichico e riflessione meta-cinematografica con Nemmeno il destino (2004).
Purtroppo, Pietro rappresenta un passo falso e speriamo non un'involuzione: palesemente low-budget, dichiaratamente indipendente, girato in digitale con quella Red che oggi va per la maggiore, il film inquadra Pietro (Pietro Casella), un “semplice” che distribuisce volantini per due lire e vive in un appartamento fatiscente con il fratello Francesco (Francesco Lattarulo, con Casella sono i comici Senso D'Oppio), tossico alla mercé del pusher NikiNiki (Fabrizio Nicastro). Fenomeno da baraccone per fratello e amici (altrui), angariato dal capo, risollevato forse da una ragazza, Pietro dimostrerà che nel loro piccolo anche i povericristi s'incazzano…
Viceversa, Pietro dimostra che la bontà di una tesi - la violenza della società contro gli “ultimi” - non fa buono un film: bloccato, sordo e privo di empatia.