Dell’originale Doppio sospetto, fortunato thriller belga diretto da Olivier Masset-Depasse nel 2018 e tratto dal romanzo di Barbara Abel, Mothers’ Instinct mantiene molto, praticamente tutto. Per essere un remake è diligente e corretto, e Benoît Delhomme, navigato direttore della fotografia, debutta alla regia senza tradire le origini europee: l’adattamento sposta l’azione nella suburbia del 1960, l’anno dell’ascesa di Kennedy (e Jackie), e c’è un certo distacco, quasi schizzinoso, nei confronti di questi personaggi, con le donne dedite alla maternità (nonostante Jessica Chastain aneli un ritorno alla professione giornalistica) e gli uomini generalmente conservatori e castranti (“Perché non scrivi per il giornalino della scuola?” le propone il marito Anders Danielsen Lie).

È un approccio che, nelle intenzioni, permette a Delhomme di muovere le pedine con sadismo, come a voler svelare il lato oscuro di quella Camelot vagheggiata dai Kennedy (ricordate il film di Pablo Larraín sulla first lady?) e riverberata nel Paese. La stessa scenografia sembra sottolineare questa idea di astrazione del racconto nero: due townhouse confinanti, una con una scala all’ingresso, più “insidiosa” nella struttura e cupa nei colori (quella di Anne Hathaway e Josh Charles) e l’altra dalle tinte più tenui e a cui si accede passando sotto un arco più accogliente (la dimora di Chastain e Danielsen Lie). Sono i due spazi dominanti del racconto, comunicanti grazie al passaggio dentro una siepe usato dai figli unici delle due coppie, migliori amici così come lo sono i genitori.

L’idea di una perversione malcelata serpeggia già dai primi minuti, quando, dopo la festa a sorpresa ad Hathaway, le coppie si ritrovano per un dopocena alcolico dal potenziale sessuale ambiguo. Il problema, tuttavia, è che Delhomme non sa reggere il perturbante della storia: dal punto di rottura in cui il figlio di Hathaway muore tragicamente causando in Chastain un senso di colpa, il film non sa che strada prendere, né abbracciando una tensione mélo in cui convergono il dolore e il furore né interpretando la vicenda in chiave grandguignolesca così da recuperare il divertimento sadico almeno sul versante grottesco.

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Mothers' Instinct (Alyssa Longchamp) (Alyssa Longchamp)

Nel momento in cui si decide di fare un remake e trasferire l’azione da Bruxelles all’America (l’epoca è la stessa ma ogni cultura la vive diversamente), è chiaro che si deve fare i conti con tutto ciò che quell’orizzonte impone, suggerisce, allude. Laddove Doppio sospetto lavorava sulle psicologie delle donne dentro la società d’appartenenza, Mothers’ Instinct non ha il coraggio di fare un discorso analogo o di incaricarsi del contrario, preferendo una suggestione attualista antipatriarcale (gli uomini sono fragili, stupidi o violenti) e, di rimbalzo, una spericolata misoginia (entrambe le donne sono psicolabili).

Forse alle due attrici manca l’ironia delle grandi dive del passato (pensate che sarebbe stato questo film con Bette Davis e Joan Crawford o con due attrici meno preoccupate di flirtare con il grottesco), forse Delhomme non è abbastanza esperto, forse l’operazione in sé è troppo timida: tant’è che il finale (niente spoiler), sulla carta potentissimo, né angoscia (ragionevolmente) né rassicura, il che sarebbe anche interessante per un thriller dall’ambizione sovversiva e però sempre sul crinale del cringe.