George Clooney, qui a Venezia, di sorprese ne avrà avute parecchie. Non c'è più la Terrazza dedicata alla sua bevanda preferita e pare che persino il caffè gliel'abbiano fatto andare di traverso. Per calmare la sete ha pensato bene di farci bere la storia di un avvocato dal cuore d'oro, evidente contraddizione in termini. L'ex dottor Ross, infatti, è Michael Clayton, brillante procuratore trasformato in esattore azzeccagarbugli da un potentissimo studio associato (per chi non sapesse cosa sono, si legga John Grisham per capirne la potenza economica e politica). Si ritrova, trascinato dalla lucida follia dell'amico Arthur (Tom Wilkinson, perfetto), nello sporco affare della U-North, multinazionale dell'energia e della nutrizione che ha ucciso con un defoliante quasi 500 persone. Clayton- Clooney è nella task force che deve difendere questo colosso colpito da una class action (azione legale collettiva) da tre miliardi di dollari. Il gioco più grande di lui lo coinvolgerà, portandolo fuori, suo malgrado, dalla grigia ambiguità in cui si era rifugiato. La regia dell'esordiente Tony Gilroy, già sceneggiatore action- glamour (L'avvocato del diavolo), è diligente, probabilmente sotto la supervisione dell'inscindibile duetto Soderbergh (qui produttore)- Clooney. C'è il loro marchio, dall'aspetto politico ai pianosequenza spezzati, "da ufficio". Il film risulta incompleto, sappiamo troppo poco dello scandalo legale e non ci si appassiona tanto, ma il lavoro sui personaggi è molto interessante. George è ambiguo come poche altre volte, Tilda Swinton, legale della corporation e sempre più "strega cattiva", è bravissima nell'interpretare la necessità del male. Un gioco di ruoli in cui i personaggi si vendono l'anima e, in qualche caso, se la ricomprano. Solita storia, da Francis Ford Coppola (L'uomo della pioggia, Tucker) a Soderbergh (Erin Brockovich), l'eroe indolente, cinico e spesso veniale, viene illuminato dal senso di giustizia in un crescendo catartico in barba al Sistema. Una scorciatoia che però non ci impedisce di apprezzare Clooney, mai così noir e "sgualcito" e Tilda Swinton, legale della multinazionale e ingranaggio fragile e feroce di una macchina da guerra. Dispiace per il finale consolatorio: cifra di un'America che non riesce a guardarsi davvero allo specchio. E non ci si nasconda dietro gli schemi del genere: Grisham e Pollack (qui perfetto nella parte del decano Marty) ne Il cliente lo seppero fare. E non parliamo di pericolosi terroristi anarchici ma di maestri del mainstream. Di secondo nome fanno bestseller e blockbuster.