Una manciata di minuti di dialogo e un profluvio di musica: cori e canzoni, duetti e terzetti nei quali si confessano odio, amore, disperazione e perdono, i peccati del potere e l'innocenza delle vittime, i soprusi dei violenti e il riscatto dei pentiti, l'afflato religioso che pervade i destini in collisione di un intero popolo, quello francese, e dei tanti "miserabili" che annaspano verso la libertà, la dignità, il pane, una condizione umana del vivere e una cristiana del morire.
Le millecinquecento pagine del capolavoro di Victor Hugo sono una partitura possente di raccordi sentimentali già predisposti a diventare accordi strumentali e melodie dal sapore pucciniano. Il cinema ha da sempre amato Les Misérables: a Hollywood se ne contano molteplici versioni, a partire dal 1909, con ben quattro mute, e in tutto, comprese le europee, sono una ventina, ma la trasposizione sullo schermo nella forma entusiasmante del famoso musical, scritto da Alain Boublil e Claude-Michel Schönberg - adattamento inglese della loro precedente versione francese - le supera tutte. Capolavoro teatrale nato al Barbican Theatre di Londra l'8 ottobre 1985, ha ricevuto da allora e ovunque attestazioni di travolgente successo: visto da oltre 60 milioni di persone in 42 paesi e 21 lingue, dopo 27 anni ancora record ai botteghini.
Forti del loro carisma e della loro voce, entrano nel travolgente dramma popolare interpreti superlativi. Anne Hathaway, dimagrita per il ruolo di Fantine di dodici chili e con vero taglio di capelli in scena, si aggrappa - apice della commozione, Golden Globe e candidatura all'Oscar - ai sogni che non l'hanno salvata, il suo canto è tragicissimo (I dreamed a dream); Hugh Jackman con salda impostazione e acuti squillanti, le si fa protettore e declina con forti accenti la redenzione del galeotto Jean Valjean, dandone un ritratto forte e delicato. Li dirige Tom Hooper, che passa dalle parole del balbuziente Giorgio VI del pluripremiato Il discorso del Re alle note del canto di questo kolossal musicale, che si apre con l'imponente scena girata ai docks di Portsmouth. Ha scelto i suoi interpreti con scrupoloso provino, li ha costretti a cantare in presa diretta per assicurare al pubblico un maggior realismo (e sicure lacrime), e a loro il coinvolgimento emozionale che un set di cinema avrebbe potuto affievolire. Vedere Russell Crowe, nei panni dell'ispettore Javert, affidare alla sua voce tenorile la follia di una sfida infinita (Stars) e certificare poi la sua sconfitta con uno spettacolare suicidio, è un'indubbia sorpresa, assai più che Amanda Seyfried, ben allenata da Mamma mia!, a cui stavolta è affidato il ruolo dell'innocente Cosette, lanciata in un romantico duetto d'amore (Everyday) con Eddie Redmayne, il giovane e appassionato Marius.
Mancava da oltre quarant'anni una trasposizione così accurata e sfarzosa di un musical (nel 2004 Il Fantasma dell'opera non aveva riscosso unanimi plausi), ossia dai tempi di Oliver! diretto da Carol Reed, tratto dal lavoro teatrale a sua volta tratto dal romanzo dickensiano, che fece incetta di Oscar nel 1968 (combattendo ad armi pari con un altro famosissimo musical, Funny Girl). Quelle erano storie di malaffare, sfruttamento e pietà nei bassifondi londinesi - rifugio del sottoproletariato assediato dalla rivoluzione industriale - ora è Parigi - tutta ricostruita in studio - a fare da sfondo agli ideali politici e sociali di Hugo, nel ventennio di storia compreso tra il 1815 e il 1833. Musica e canto avvolgono ogni sequenza e ogni sentimento, con Hooper che ha voluto personalmente intervenire sul lavoro teatrale chiedendo anche una nuova canzone, Spoken, e una nuova struttura rispetto all'originale, creando un grandioso affresco epico e popolare (2.200 gli splendidi costumi): la Parigi degli eroi e delle fogne, la taverna di Monsieur e Madame Thénardier (Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter, fantastica coppia di delinquenti), il convento e il palazzo. Hooper segue la partitura senza togliere nulla alla forza espressiva del testo delle canzoni, anzi amplificando il dramma fisico e morale, che nel finale trova una vera apoteosi con il travolgente Do you hear the people sing, voce di popolo e di speranza, quando vivi e morti, sulle barricate parigine, inneggiano alla luce, al sole e all'attesa di un radioso futuro.