Ci si abitua a tutto, dice uno dei protagonisti de Le passager. Ci si abitua alla ripetitività, alla solitudine, all'incomprensione, alla distanza incolmabile tra anime che vivono vicine, ma paiono lontanissime. Richard, che ha circa 40 anni, si è impiccato. Il fratello Thomas, moglie, figlio e lavoro di insegnante a Parigi, deve riconoscere il cadavere del defunto e nell'attesa della sepoltura, intraprende un viaggio nel passato di quel fratello che non vedeva da anni. Destinazione Sainte Marie de la Mer per una immediata vendita di un appartamento vista mare che Richard possedeva. Ma nel paese, il fratello di Thomas aveva lasciato in attesa Jeanne (una Julie Depardieu piuttosto imbambolata), proprietaria di un albergo in riva al mare; l'adolescente Lucas, un orfano cresciuto con Jeanne; e Joseph, uomo di mezza età che ha funto da tutore dei due. I tre attendono il ritorno di Richard e non sanno della sua morte. Così Thomas si ritrova in una sorta di improbabile ma reale scambio di persona che, per carità, si evince riassumendo la trama, e non di certo seguendo l'idea di voluta sottrazione, quasi fino all'essicarsi, di particolari deduttivi. Tanto che Le passager mantiene una sottotraccia affascinante legata ad una presunta sospensione del tempo, alla capacità degli attori di non svelare, se non centellinandoli, stati d'animo e sensazioni, e alla reiterazione di tracce di sfondo (aerei che passano lontani ma visibili sulle teste dei protagonisti, il mare d'inverno grigio e lo sfondo industriale in disuso) che rendono la narrazione poeticamente meccanica e ripetitiva. Cinema in media res, di ipotetici significati, di irrisolvibilità pratiche. L'esordio di Eric Caravaca (attore di Dupeyron, di Limosin e anche di Chereau) non può essere catalogato che positivamente ma con un piccolo punto interrogativo: quanto di sentito c'è in questa levigata pacatezza, in questa fredda dolcezza che ammanta ogni personaggio dal più giovane al più vecchio senza differenza alcuna?