Nei primi anni '80 erano saltati i freni della censura familiare e spopolavano i cartoon giapponesi proibiti. Le femminucce abboccavano alle scabrose avventure della piccola Georgie, i maschietti cadevano nella rete pavloviana di coreografici combattimenti, prodighi di istruzioni su come ridurre a polpette i più immondi nemici. Studiavano alla divina scuola di Hokuto, impasto di arti marziali e Vangelo, mosse Tai-Chi e cosmogonie pagane. Il suo profeta era Ken Shiro, messia di una società post-atomica in mano a degenerati e assassini. Il difensore dei deboli con la legge dei forti, un santo guerriero. Eretico, però efficace.
Il cartoon di Tetsuo Hara e Buronson propugnava un'idolatria del bene a tutti i costi. Ovvero solleticava istinti belluini cospargendoli d'incenso sacrale. Il quinto film “tratto da” è una divulgazione per non-si-sa-chi. Esplicita la matrice confusa della saga e ne costituisce un antefatto. E' come un episodio lungo fitto di dialoghi e descrizioni. Il disegno è ritoccato, la forma più aerodinamica e pulita, la violenza come attutita, avara di sangue e poltiglie, orbite oculari partite e cervelli schizzati. La macelleria originale era almeno catartica. Questo è solo un noiosissimo scempio.