Era davvero bella Kabul negli anni '70, il paese verde e rigoglioso, terra ambita nei secoli per posizione strategica (la famosa via all'India, Peter Hopkirk ne parla diffusamente nell'interessante Il grande gioco, facendo risalire al 1800 la rivalità anglo-russa per il controllo della zona). La festa nazionale era "la caccia agli aquiloni", quel giorno centinaia di adulti e bambini volgevano lo sguardo verso il cielo, diventato di mille colori. Poi sono arrivati i sovietici, quindi i talebani, che hanno bandito il rito come tante altre cose, e infine gli americani.
La lunga zona d'ombra, che inizia subito dopo l'invasione sovietica, è il pezzo forte del ritorno alla regia di Mike Nichols: La guerra di Charlie Wilson con Tom Hanks e Julia Roberts. Siamo negli anni '80 e il texano Charlie Wilson, membro del congresso, si fa portavoce e sostenitore dell'intervento Usa in aiuto dei ribelli afghani. Uomo spregiudicato, senza ideali né pretese, incomincia a interessarsi al caso mentre sniffa e beve wisky in una jacuzzi di Las Vegas. Non è una missione la sua, deputato che nel suo staff ha solo belle ragazze (il suo motto è: puoi imparare a battere a macchina ma non a farti crescere le tette), lo diventa però grazie all'intervento di una ricca e fanatica texana (la Roberts), e un agente segreto greco-americano (grande Philip Seymuor Hoffman). Attraverso la CIA, Wilson raddoppia il budget iniziale, che passa da 5 milioni a 10 milioni di dollari, per arrivare, con l'aiuto di Israele, Egitto, Pakistan e Arabia Saudita, alla cifra epocale di 1 miliardo (metà americana, metà saudita) per addestrare ed equipaggiare i mujahidin. Missili e armi all'avanguardia costringono alla resa e al ritiro i sovietici, intanto però l'Afghanistan è distrutto e il movimento talebano cresce esponenzialmente. Al Congresso però non interessa più spendere neanche un milione di dollari per ricostruire le scuole. Lo sguardo è impietoso, i dialoghi corrosivi e la macchina governativa americana una macchietta. Quando l'assistente di Wilson chiede se Kabul sia in Uzbekistan, viene in mente Barack Obama che in uno dei suoi discorsi ha citato il presidente del Canada.