Maestro del cinema mondiale, a ottantadue anni Wajda ha finalmente trovato il coraggio di portare sullo schermo una drammatica pagina della storia della Polonia, una tragedia che oltre tutto lo tocca profondamente da vicino. Il padre Jacub infatti, fu uno degli oltre ventimila ufficiali polacchi massacrati dalle truppe sovietiche a Katyn e in altri campi di prigionia. Vittime innocenti di un atto di barbarie a lungo negato, come occultata la spietatezza con la quale fu perpetrato. Il forte legame emotivo con la materia narrata ha indotto il regista ha raccontare i fatti, tutti veri e documentati, utilizzando un linguaggio classico che mai eccede in dialoghi ridondanti o in belle immagini, sebbene siano firmate da Pawel Edelman, lo stesso autore della fotografia del Pianista. Del resto il numero delle vittime, il dolore dei familiari, la spaventosa portata degli eventi parlano da soli. Molte le vicende a incastro in un film che aderisce perfettamente alla Storia ma sulle altre spicca quella di Anna, moglie del capitano Andrzej, simbolo delle migliaia di mogli, madri e figlie che attesero invano il ritorno a casa dei loro uomini. Cinema civile per eccellenza, Katyn è un doveroso atto d'accusa al servizio della Verità.