Parlare dei rapporti tra film e fumetti equivale a ripercorrere praticamente l'intera storia del cinema. Se oggi è facile rimanere colpiti dallo sfavillare di kolossal come X-Men, Spider-Man e Hulk, non si deve dimenticare che il primo incontro ufficiale tra comics e grande schermo risale addirittura a Happy Hooligan (noto in Italia come Fortunello), poetico personaggio creato nel 1900 da Frederick Burr Opper e trasposto nel 1901 sullo schermo in un omonimo film diretto e interpretato da James Stuart Blackton, regista che è uno dei pionieri dell'animazione. Alan Moore è uno dei più geniali innovatori del linguaggio dei comics contemporanei. Sceneggiatore di Watchmen (definito da Terry Gilliam come il Guerra e Pace dei fumetti), ha già al suo attivo due graphic novel diventate film: From Hell e The League of Extraordinary Gentlemen. Se il film/fumetto dedicato a Jack the Ripper attingeva specialmente alla ricca documentazione storica di Moore, per arricchire l'interpretazione di Johnny Depp, The League coglie fino in fondo l'ironia sotterranea dell'autore inglese. La leggenda degli uomini straordinari (questo il titolo italiano) diretto da Stephen Norrington e interpretato da Sean Connery, mette in scena il divertissement di Moore aggiungendovi nuove trovate, grazie alla fantasia dello sceneggiatore James Dale Robinson, già autore di comics di successo. Nel fumetto, immaginato come parodia di un libro d'avventure educativo per giovani lettori, Moore inventa un'improbabile squadra di agenti speciali, attingendo da diversi classici della letteratura fantastica. Si tratta di Allan Quatermain, il Capitano Nemo, Mina Harker, il dott. Jeckyll (con l'inevitabile alter ego Hyde) e l'Uomo Invisibile. Il gioco è allargato nel film, che coinvolge anche Tom Sawyer, Dorian Gray e concede altre battute "in tema", come quando l'autista/nostromo di Nemo si presenta dicendo "Chiamatemi Ismaele", strizzando l'occhio a Moby Dick. Più che film/fumetto, dunque, La leggenda degli uomini straordinari è una rilettura fumettistica dei cliché letterari trasposta al cinema. Un pretesto per le sontuose invenzioni scenografiche della canadese Carol Spier, già collaboratrice di Cronenberg e per le trovate di Janek Sirs, supervisore degli effetti visivi, vincitore di un Oscar con Matrix, che ha lavorato con registi visionari come Tim Burton e i fratelli Coen. La scelta programmatica di divertire elimina ogni obbligo di plausibilità (eccezionale, al proposito, la trovata di far navigare il Nautilus nei canali di Venezia), liberando anche il film del fardello retorico che spesso affligge pellicole del genere.