Due fratelli che non potrebbero essere più diversi, per statura e non solo: Paolo (Luigi Lo Cascio), chirurgo con mano ferma e schiena dritta, convinto che nella vita esista il bene e il male e non sia difficile scegliere da che parte stare, e Massimo (Alessandro Gassman), spilungone e fascinoso avvocato dai confini morali pià sfumati. E che dire delle mogli, Clara (Giovanna mezzogiorno) è una donna sobria e forse più raffinata della compagna di Massimo, Sofia (Barbora Bobulova), ma quest'ultima almeno non ha la stessa puzza sotto il naso della prima. In compenso a trovarsi alla perfezione sono i loro figli adolescenti, Michele (Jacopo olmi Antinori, già visto in Io e te) e Benedetta (Rosabell Laurenti Sellers), praticamente cugini inseparabili. Ma sarà proprio una loro "ragazzata" (eufemismo) a mettere in discussione gli equilibri tra le coppie e la tenuta dei rispettivi principi morali.

Dopo La bella gente e Gli equilibristi, Ivano De Matteo torna a indagare il microcosmo familiare, prendendo a soggetto stavolta l'alta borghesia romana e ispirandosi al romanzo La cena di Herman Koch. Bravo come sempre a mettere in scena il progressivo scollarsi delle pareti di cartapesta domestiche alla prima evenienza traumatica, De Matteo sa rendere con efficacia le dinamiche sotterranee e psicologiche che intercorrono tra i soggetti in causa, puntuale un'altra volta nel ribaltarle.

Emerge però rispetto ai lavori precedenti un eccesso di costruzione, una punta di artificiosità che impedisce di credere fino in fondo alla storia raccontata. La caratterizzazione dei personaggi è rigidamente simmetrica, il vuoto morale addebitato alla gioventù messo in vetrina, la cura del decor esagerata e smaccatamente metaforica: queste case troppo grandi, fredde e alla moda, con la loro infinità di spazi declinano architettonicamente la separazione e la solitudine dei loro abitanti, con un'ostentazione francamente fastidiosa. Stessa cosa dicasi della Roma resa nei toni di grigio e di blu, delle feste ordinariamente trasgressive dei liceali ricchi, dei ristoranti di classe che puzzano di muffa. C'è insomma tutto ciò che ci si aspetta di trovare in un ambiente simile, poco importa che poi ci sia davvero.

E a proposito di autenticità, pur non discutendo la chiave melo' scelta da De Matteo (legittima), si fatica a ritenere appropriate certe isterie recitative.

Fondamentalmente I nostri ragazzi è un film su una vicenda interessante raccontata nel modo meno interessante possibile. Più attento agli effetti macroscopici che alle cause più intime di una tragedia annunciata.

Con un finale sbagliato, moralistico e fondamentalmente diffidente della capacità di giudizio del pubblico. Peccato.