Prima doveva salvare la pelle, stavolta dovrà proteggere i propri cari, il suo distretto e forse tutti gli oppressi di Panem. Non c'è pace per Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), la cui vittoria agli ultimi Hunger Games ha portato più grane che soldi. Katniss è diventata il simbolo della rivolta, un punto di riferimento per tutti i distretti che covano velleità sovversive. E a nulla valgono i tentativi di Capitol City (testa di Panem, come Roma nell'antico impero) e del suo infame autocrate, Snow (Donald Sutherland), di farsela alleata, facendone il personaggio di una soap opera e svuotando il suo trionfo di ogni significato politico. La sua storia d'amore con Peeta (Josh Hutcherson), l'altro miracolato, non regge e ovunque vadano quei due - c'è il tradizionale tour dei vincitori nei 12 distretti - scoppiano tumulti. Katniss resta suo malgrado l'incendiaria, la ragazza di fuoco che infiamma gli animi dei reietti di Panem. Ma Snow ha già un piano per eliminare il problema alla radice...
Più ricco, movimentato, ma in fin dei conti meno disturbante del precedente, il sequel di Hunger Games (fuori concorso al Festival della capitale) segue la maturazione della propria eroina, da giovane donna indomita e coraggiosa, disposta a tutto pur di sopravvivere, a sempre più consapevole bandiera della rivoluzione. Alla stregua di altre saghe, anche quella di Suzanne Collins (che è stata anche sceneggiatrice per il cinema, e si vede) tiene conto della crescita dei propri lettori/spettatori, a cui si adegua proponendo un materiale meno grezzo ed elementare. Non è tanto una questione di temi - il primo Hunger games, dove imberbi ragazzi si massacravano a vicenda, era da questo punto di vista più pericoloso - ma di strutturazione narrativa, profondità psicologica e ramificazione dei sottotesti.
Nella fedeltà al libro (che, in vista dell'uscita del film, è stato ristampato in 50 milioni di copie solo in America), gli sceneggiatori Simon Beaufoy e Michael deBruyn si prendono tutto il tempo necessario prima di far decollare l'azione, raccontando con dovizia di particolari le conseguenze politico/sociali dei precedenti "Hunger Games" e l'impatto psicologico che gli stessi hanno avuto sulla coppia uscitane vittoriosa. Come due reduci di guerra, Katniss e Peeta continuano a vedere i volti dei caduti e a rivivere in sogno le nefandezze che sono stati costretti a compiere e subire.
Per Katniss c'è poi un'ulteriore spina del fianco, il suo ex, Gale (Liam Hemsworth), a cui la love-story con Peeta non è andata giù, nonostante la ragazza protesti la sua innocenza e provi a convincerlo che è tutta una messa in scena ad uso e consumo delle telecamere.
Ma non c'è tempo per occuparsi di faccende così personali. I distretti sono in agitazione e Snow usa la mano pesante, inviando gerarchi e robocop per stroncare sul nascere ogni ipotesi di sedizione. I primi 80 minuti sono dedicati proprio ai focolai di rivolta che agitano i tribuni e alla repressione ordinata da Snow. Funzionale al racconto è il guerrilla style portato da Francis Lawrence (subentrato a Gary Ross nella regia) con il supporto di Jo Willems alla fotografia (altra novità del cast tecnico). Il viraggio sporco, in grigio, e il movimento nervoso (ma preciso) della macchina da presa ci proiettano in una dimensione bellica credibile.
D'altra parte, se c'è una cosa su cui non si può eccepire, è proprio la confezione: grazie a un budget quasi raddoppiato (da 78 milioni di dollari del precedente ai 130 di questo) è aumentata la cura negli scenari (il designer Philip Messina si spende tanto nel decor disadorno dei distretti, quanta nello sfarzosa Capitol City, una metropoli kitsch, tutta luci e lustrini e architetture da Antico Impero), la ricchezza dei costumi (ma quanti ne prova Jennifer Lawrence?!?), la disponibilità di trucchi e trucchetti digitali. Notevole, al solito, il lavoro sulle musiche di James Newton Howard, che trova ogni volta la "chiave" giusta per entrare in scena e solleticare l'emozione del momento, senza strafare.
Perfetti come sempre la Lawrence e Hutcherson, con la prima che cresce d'intensità film dopo film. Tornano, e sono ancora in forma, sia Woody Harrelson che Elizabeth Banks (sono i mentori dei nostri beniamini), Lenny Kravitz (è lo stilista di Katniss) e Stanley Tucci (il presentatore degli Hunger Games). Azzeccate le new entry del cast, come Jena Malone e Sam Caflin, nel ruolo di due affascinanti tribuni. E se Sutherland si conferma un cattivo tutto d'un pezzo, a portare un po' di mefistofelica ambiguità ci pensa Philip Seymour Hoffman, che interpreta il nuovo demiurgo dei giochi, chiamato a sostituire lo sfortunato predecessore (ricordate? Fu costretto a mangiare le stesse bacche velenose che salvarono la pelle a Katniss e Peeta).
Vi chiederete che c'entrano i giochi e a che punto entrano a far parte di questa storia. Diremo solo che è l'escamotage usato da Snow per far piazza pulita dei suoi nemici.
Questo lungo e divertente sequel trabocca di mosse e contromosse, insidie e inganni. La fiducia (o il tradimento, fate voi) è il tema, mentre la natura umana e la connessione tra società dello spettacolo e fascismo scivolano tra i sottotesti. Ci sembra più una perdita che un guadagno. Eppure non vediamo l'ora che arrivi il terzo. Maledette saghe...