Già dal titolo si inizia a cantare. E non è un caso. L’esordiente Margherita Vicario viene dal pop. Il suo brano più famoso è Mandela del 2019. A un certo punto recita: “Mi fermo un momento, guardo il cielo sul tempio. E mi immagino un viaggio. Ti vedo contento, sorrido e riparto”. Da questi versi potrebbe essere nato Gloria!.

È un film che invita alla spiritualità (“il cielo sul tempio”), a una comunione con il mondo che ci circonda, nonostante ci si senta prigionieri (“immagino un viaggio”) e a un’attenzione verso l’altro. Un grido di coraggio, un inno al sorriso. Il punto esclamativo è il manifesto di una forza prorompente, di un ritratto femminile non convenzionale.

I riferimenti letterari sono Lavinia fuggita di Anna Banti e, di conseguenza, Stabat Mater di Tiziano Scarpa. La figura di Vivaldi aleggia su tutto il film. In più Gloria è anche una delle hit più famose di Umberto Tozzi, è stata una delle muse sullo schermo del cineasta Sebastián Lelio, e ha portato Vicario in concorso alla Berlinale. La storia è ambientata alla fine del Settecento, a Venezia. Siamo in un collegio femminile, Teresa è una piccola Cenerentola. Dicono che sia muta, ha un passato difficile, si occupa del bucato, delle pulizie. Ma il suo talento è superiore a quello di tutte le studentesse di musica presenti nella scuola cattolica. Ogni gesto si trasforma in una nota, Teresa ha una capacità creativa senza eguali. Viene oppressa, ha un passato tragico, ma tramite il suo udito e la sua mente può generare sinfonie in controtendenza. Cerca rifugio nei tasti di un pianoforte, che scopre casualmente al calar del Sole. Lo deve condividere con le sue “colleghe” non proprio amichevoli: non è permesso assentarsi dai dormitori durante la notte, il rischio è che qualcuno faccia la spia. Intanto nell’istituto c’è un gran fermento. La notizia si sparge in fretta: il loro maestro dovrà comporre un concerto per la visita del Papa. È l’inizio di un percorso di ricerca di sé stessi attraverso spartiti misteriosi e solfeggi proibiti.

Vicario si ispira a un immaginario d’oltreoceano. La trama ha delle affinità con Sister Act, ormai il film del 1992 di Emile Ardolino è un piccolo cult. Una star del palcoscenico trovava rifugio in un convento, sotto la protezione della polizia, per sfuggire a un ex fidanzato dallo spirito malavitoso e assetato di sangue. In Gloria! l’aspetto crime non è sotto i riflettori, ciò che interessa è lo scontro fra tradizione e progresso, presente e futuro. Una nota interessante: le prime inquadrature del Pontefice nella chiesa, nella parte finale, sembrano richiamare la celebre sequenza capitanata da Whoopi Goldberg. Ma non vi riveleremo di più. Gloria! è l’emblema di un universo che si esprime attraverso i suoni. Le note si contrappongono all’immagine, l’ascolto è più importante dello sguardo. Non è una novità vedere un ambiente in cui tutto è un “sol” o un “fa”. Ma la forza del film sono le sue eroine, la spinta creativa, la voglia di ribellione.

Sembra un omaggio a Giorgia e a Bocelli, a Vivo per lei. La protagonista, ieri come oggi, è la musica. Per Vicario è l’unico modo per superare i secoli, aggirare mentalità troppo conservatrici, e far sentire la propria voce. Un piccolo film che trasuda energia, passione, voglia di evadere da una prigione costellata di regole ancestrali ormai da riscrivere. Il classico si scontra con il moderno, sonorità antiche lasciano il posto a composizioni solo all’apparenza folli. Gloria! si inserisce in una stagione in cui la questione femminile è al centro, nella nostra penisola e non solo. Si tratta di una buona opera prima per Vicario, che trasla, con il microfono in mano, la propria esperienza sul set. Preparatevi a saltare, ballare e ad assistere alla nascita di una Sister Act settecentesca.