Disadattato ma innocuo, il 40enne Josie gestisce una stazione di servizio sperduta nel verde entroterra irlandese: la sua vita scorre placidamente noiosa, fino all'arrivo dell'adolescente  figlio del capo. Quando un camionista gli regala una cassetta porno, Josie la guarda senza malizia con il ragazzo, annaffiandola con qualche birra: la polizia busserà alla porta...
Vincitore del 25° Festival di Torino, è l'irlandese Garage diretto da Lenny Abrahamson e scritto da Mark O'Halloran, già collaboratori per Adam and Paul, sensibile ritratto di due junkies dublinesi.
Dalla capitale con Garage si passa a un villaggio rurale vicino Galway, di cui incontriamo lo "scemo", un ennesimo dropout: Josie, ben interpretato dal comico Pat Shortt, ovvero un bamboccione, un Peter Pan che non vuole, anzi non può, crescere. Allora, il 14enne David (Conor Ryan) per lui è un coetaneo, ancora di salvezza dalla solitudine, gli scherzi dei "compagni" di pub e i due di picche delle ragazze: un amico con cui condividere un porno e due bottiglie. Ma per la legge, carta d'identità alla mano, quel rapporto non può essere simmetrico: la tragedia è dietro l'angolo, ma osservata senza enfasi, con semplicità e pudore bressoniani - su tutti, Mouchette.
Ne viene un piccolo grande film, distribuito da Mediaplex, che ritrae la marginalità senza le strumentalizzazioni del cinema di denuncia, ma con la stessa simpatia per il mondo di Josie: tragicamente naïf.