È come se i personaggi di Downton Abbey sapessero di essere dentro il gran finale di Downton Abbey. Dei tre capitoli che hanno portato l’amata serie britannica sul grande schermo, è quello più consapevole e perfino sottilmente metatestuale, un congedo nostalgico, in equilibrio tra la grazia e la malinconia, quasi mosso dal desiderio di dare pace ai protagonisti e di completarne gli archi narrativi anche per “svincolare” gli interpreti da eventuali ritorni. Downton Abbey: Il Gran Finale non ha solo la funzione di chiudere la trilogia cinematografica che fa da appendice – adorabilmente superflua, va detto – alle sei stagioni, ma conclude un discorso politico e culturale sul crepuscolo di un’epoca che solo un conservatore come Julian Fellowes poteva argomentare con tale finezza.

Sono i sottotitoli a dirci molto: dopo Una nuova era che teorizzava i temi della transizione ereditaria e del ricollocamento dell’aristocrazia attraverso il passaggio dal cinema muto al sonoro, ecco l’epilogo di una generazione che coincide con l’avvento di una nuova stagione. Lo si vede bene nel piano sequenza iniziale: in un teatro di Londra va in scena uno spettacolo di Noël Coward, la famiglia Crawley se lo gode nel palco d’onore mentre i domestici assistono nel loggione superiore.

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4226_D030_02755_R (L to R) Laura Carmichael stars as Lady Edith, Harry Hadden-Paton as Bertie Hexham, Elizabeth McGovern as Cora Grantham, Hugh Bonneville stars as Robert Grantham and Michelle Dockery as Lady Mary in DOWNTON ABBEY: The Grand Finale, a Focus Features release. Credit: Rory Mulvey / © 2025 FOCUS FEATURES LLC

È un evidente ribaltamento dello schema che gioca su come la verticalità gerarchica sta cedendo il passo a una timida orizzontalità sociale: l’ascensore sociale sta cominciando a funzionare anche nei consumi culturali prima preclusi alla gente comune, chi si trova “sotto le scale” può ambire ai piani superiori, espressione quest’ultima esplicitamente usata dalla stampa (senza piaggeria, anzi) per parlare dell’imminente divorzio di Lady Mary.

Lo spettro dei cambiamenti è sempre più ampio. Culturale: l’alta società non può reggere lo scandalo della fine di un matrimonio e, se la famiglia reale non può stare nella stessa stanza in cui ci sono persone divorziate, l’emarginazione è legittimata dall’alto. Economico: le conseguenze della crisi americana del 1929 si sentono anche nello Yorkshire, dove l’aristocrazia deve fare i conti (letteralmente) con la sostenibilità finanziaria, mentre si fa avanti l’idea di un appartamento cittadino con altri inquilini al piano di sopra (come i domestici del castello?). Politico: la coscienza di classe non è del tutto concepibile, la servitù più anziana preserva il modello del passato, eppure ci sono lavoratori che conquistano spazi dialettici e trovano una voce mai ascoltata prima.

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4226_D006_00328_R (L to R) Raquel Cassidy stars as Miss Baxter, Kevin Doyle as Mr. Molesley, Sophie McShera as Daisy Parker, Phyllis Logan as Mrs. Hughes, Lesley Nicol as Mrs. Patmore, Jim Carter as Mr. Carson, Brendan Coyle as Mr. Bates and Joanne Froggatt as Anna Bates in DOWNTON ABBEY: The Grand Finale, a Focus Features release. Credit: Rory Mulvey / © 2025 FOCUS FEATURES LLC

Su tutti aleggia il fantasma di Lady Violet, morta nel secondo film, citata continuamente e presente nel ritratto che domina l’ingresso della dimora: è evidentemente un affettuoso e commovente omaggio a Maggie Smith, scomparsa nel settembre 2024, e vera icona del franchise, ma anche il segnale di come le generazioni successive non possano fare a meno di quella lezione, imparando da quella figura tanto burbera quanto saggia quand’è che arriva il momento di cedere il testimone senza tuttavia mettersi da parte.

Il tema fondamentale di Downton Abbey: Il Gran Finale non è la morte: è la pensione. Che, per chi ha sempre coltivato l’etica del lavoro e preservato la conservazione di un modello, è addirittura qualcosa di più inaccettabile del fine vita perché certifica lo svuotamento di un ruolo, lo spaesamento in un mondo fuori che non si conosce. Vanno o stanno per andare in pensione il maggiordomo Carson (Jim Carter), che però continua a spuntare nel castello per osservare il sostituto ; la cuoca Patmore (Lesley Nicol), ben contenta di lasciare il posto alla “figlia elettiva” Daisy (Sophie McShera); e lo stesso Lord Grantham (Hugh Bonneville), in crisi perché turbato dai troppi cambiamenti. Senza dimenticare Lady Cora (Elizabeth McGovern) che vorrebbe godersi il buon ritiro ma deve gestire i fallimenti del fratello (Paul Giamatti) affiancato da un consulente (Alessandro Nivola) e la governante Baxter (Raquel Cassidy) in procinto di lasciare. Sono gli esponenti di un vecchio mondo che deve favorire il passaggio di consegne come fosse una regola di natura e accompagnare i successori per trovare un equilibrio tra manutenzione e rinnovamento in quel che resta del giorno.

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4226_D006_00935_R Laura Carmichael stars as Lady Edith and Michelle Dockery as Lady Mary in DOWNTON ABBEY: The Grand Finale, a Focus Features release. Credit: Rory Mulvey / © 2025 FOCUS FEATURES LLC

E, di riflesso, avanzano i giovani, dalla “scandalosa” Mary (Michelle Dockery) alla sorella Edith (Laura Carmichael) in versione rottamatrice fino al “figlio acquisito” Tom (Allen Leech) ormai borghese sempre pronto a risolvere problemi, mentre l’anziana baronessa Isobel (Penelope Wilton) prende il posto dell’amica-nemica Violet come presidente del comitato locale solo per far fuori l’odioso e reazionario direttore (Simon Russell Beale), quasi fosse una sicaria della nobiltà ingaggiata per incoraggiare un nuovo corso più democratico e inclusivo.

La chiave del film sta nella centralità di Noël Coward (Arty Froushan), tra i massimi autori inglesi del primo dopoguerra: forma un terzetto queer con il divo Guy (Dominic West) e l’ex valletto Barrow (Robert James-Collier) e trova nelle vicende di Mary l’ispirazione per Vite in privato (è ovviamente una fantasia di Fellowes), riempie di luce un altrimenti cupo tramonto e ribalta il dramma con l’umorismo di chi esercita la leggerezza, si lascia adulare dai nobili e mostra curiosità per i domestici. Qualche passaggio è risolto in modo incolore (il filone del crack), ma il finale è una coccola, l’unico momento in cui Downton Abbey: Il Gran Finale diventa anche seduta spiritica, con i titoli di coda che accolgono le foto di un riconciliato album di famiglia.