La satira politica fa ridere, certo. Ma quando l’assurdità è all’ordine del giorno fa un po’ meno ridere. È il caso del film Bentornato Presidente, nel quale Claudio Bisio bissa la parte di Peppino Garibaldi. A distanza di sei anni da Benvenuto Presidente! il pescatore di trote che si ritrovava quasi per caso a capo del Quirinale ha scelto di passare la sua vita in montagna piuttosto che al colle o in campagna (elettorale) e non è più quell’uomo appassionato che voleva cambiare il paese.

Deciderà di tornare in politica solamente per riconquistare sua moglie (Sarah Felberbaum). Arrivato proprio nel momento in cui il Paese è alle prese con la formazione del nuovo esecutivo (non a caso il film è stato scritto a ridosso delle elezioni del 4 marzo, insomma poco prima dell’insediamento del governo Conte) Peppino questa volta sarà il nuovo premier (che tanto ricorda l’attuale).

Ritenuto perfetto dai vari ministri perché può essere manovrato come un burattino, il neo capo del governo dovrà quindi interfacciarsi con il leader del partito “Precedenza Italia”, interpretato da Paolo Calabresi, che arriva al Quirinale sul suo Suv urlando davanti alle telecamere: “Basta con i clandestini! Bisogna appenderli per i piedi!” e con tutti gli altri importanti viceministri che ricordano molto da vicino i nostri politici.

Scontato ritrovare Salvini in Paolo Calabresi, il non-laureato Di Maio in Guglielmo Poggi e Renzi (e in generale quelli del Pd) nel capo di “Sovranità Democratica” interpretato da Marco Ripoldi fino al presidente della Repubblica Mattarella (Antonio Petrocella) in questa sorta di instant-sequel che vuole fotografare l’attualità del momento.

La fotografia però non rende in parte perché la politica italiana ha perso nel tempo molto del suo appeal, ma soprattutto perché è una brutta copia, una parodia che non aggiunge nulla alla realtà che vediamo quotidianamente del “Prima gli italiani” e così via per intenderci. Insomma, non c’è niente da ridere e quest’uomo smosso unicamente dal suo amore per la moglie, da interessi privati e non dalla res publica, è per certi versi persino infastidente.

 

Poco cambia che i due registi, Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, nati e cresciuti a Matera, cerchino di dargli un po’ di verve e ritmo con un montaggio sincopato e pop, in qualche modo innovativo. Il film comunque non decolla. Troppi, poi, i registri: parte come una favoletta con la bella famigliola che si è trasferita in montagna, ma che a “fare Frozen non resiste”, prosegue verso l’eccesso e la farsa (come se la realtà nella quale viviamo non fosse già di suo eccessiva) e poi vira verso la spy story condita di love story e fantapolitica. Ne deriva un pot-pourri che vorrebbe denunciare la realtà, ma che non critica proprio nulla. L’unica scena degna di nota è quella in cui Bisio dialoga con i parlamentari ladroni di prima - Ivano Marescotti,Massimo Popolizio e Cesare Bocci - che gli suggeriscono come fare approvare una legge: basta scriverla in ostrogoto e metterla sul tavolo il giovedì perché: “Il weekend è come Roma: è eterno”. Bene, anche il tempo al cinema.