Dopo il divorzio, Julie (Wilkening) decide di lasciare l'Italia e tornare in Francia, portando con sé le spoglie del padre, ex ufficiale morto anni prima. Per errore la bara finisce però in Albania e così la donna, insieme alla figlia (Veronica Gentili), parte alla volta del paese balcanico. Saranno aiutate da un giornalista locale (Vishka), che in un paesino sperduto del sud scoprirà un insolito traffico di riesumazioni, vendita di ossa e cimiteri monumentali contesi tra greci e albanesi.
Prendendo spunto da un reale fatto di cronaca, il regista-operaio Edmond Budina (la cui attività principale è in una fabbrica di caldaie a gas di Bassano del Grappa), che sullo schermo è il laido prete ortodosso al centro di tutto il contrabbando d'ossa, costruisce questo macabro e grottesco bazar balcanico (la doppia elle del titolo indica anche il “balletto” dei vari personaggi, tra incredulità, opportunismo e ipocrisia): il sorriso è l'arma attraverso cui portare in superficie conflitti decennali (quello tra greci e albanesi) e le varianti oniriche lo strumento per scongiurare che la rivendicazione “delle radici” si trasformi in guerra. Primo film in coproduzione italo-albanese: da vedere in v.o. per l'enorme varietà di lingue presenti.