Protagonista di questo film è la Madonna dell'Arco. Una Vergine con un livido sulla guancia che genera miracoli. Situata a Napoli è lei a fare da filo conduttore a questa pellicola diretta da Alessandra Celesia. Da sempre interessata alle persone, alle loro fragilità e alla loro umanità questa volta la regista ci porta sullo schermo i ritratti di tre personaggi femminili che non si incontrano mai, ma che di lividi interiori se ne intendono. 

C'è Giusy, una ragazza che sta da trent'anni sulla sedia a rotelle, immobile dalla nascita. Lei vive di fronte al santuario della Vergine e la vede da qualsiasi finestra della sua casa. Si domanda perché questa condizione di vita sia toccata proprio a lei e perché Dio, che è qualcosa di onnipotente e onnipresente, è dispensatore di miracoli, non con lei. Si risponde che forse come la Madonna non sarebbe più riconoscibile senza il suo livido allo stesso modo lei non lo sarebbe più senza le sue ferite. Poi c'è Fabiana che di notte si prostituisce, mentre di giorno è a capo di un'associazione di fedeli della Vergine. Per questa transessuale questa Madre dolorosa è ciò che ha di più caro. Infine c'è una pianista coreana di nome Sue che vorrebbe tanto rimanere incinta, ma non ci riesce. Alla Vergine proverà a chiedere il miracolo della maternità che la vita le ha negato.

Senza copione e senza storyboard di partenza questo documentario lascia spazio all'improvvisazione e alla vita vera, ma risente proprio di questo suo effetto verità a tutti i costi. A parte la bella musica di sottofondo, Anatomia del miracolo in sostanza è un film troppo slegato e senza un filo conduttore che riesca a tenere la storia e per capire il senso dell'operazione ci vorrebbe anche qui un miracolo.