Notte buia e tempestosa in un subborgo rurarle di Buenos Aires. Celina, in fuga dal marito e da tutta una vita, rende visita a una vecchia amica, da molto tempo esiliata in una tranquilla casa di campagna che condivide con un ricco vedovo e la figlia, Paula. Quest'ultima se ne sta chiusa in camera e se ne ignora il motivo. Due sue amiche intercettano nel frattempo Celina, vorrebbero sapere di Paula. Si scopre che Paula soffre di depressione e del resto anche Celina non ne sembra immune. La donna e le ragazze fanno comunella, vanno a zonzo, piangono, sniffano coca, sparano, feriscono, fanno brutti sogni, vagheggiano suicidi. La realtà non è più così netta, impalpabili minacce vi si iniettano, la offuscano. Incubi e premonizioni: qualcuno sa leggere il futuro, e non è roseo.
E' Algunas Chicas, quarto lungometraggio del regista argentino Santiago Palavecino. Opera inclassificabile, allucinato dramma al femminile girato con gli stilemi di un horror e i tempi di un delirio. Deja-vu, apparizioni, ripetizioni, fantasmi, per trascendere linearità e realismo e mettere in moto un meccanismo onirico, narrativamente ingolfato e visivamente affascinante, enigmatico ma non sempre lucido.
La femminilità come mistero e il disagio psichico come occhio sul mondo: uniche coordinate di un'operazione che testimonia dello sforzo - lodevole, talvolta notevole, non sempre riuscito - di rappresentare un puro stato interiore. Inquieto più che inquietante, mosso, incerto, così dentro alla malattia al punto da ammalarsene, Algunas Chicas è anche un campionario di rimandi e citazioni, dal cinema (Bergman, Pialat, Lynch) alla pittura (Ernst e Delvaux), passando per la letteratura (Borges, James).
C'è dentro anche il nostro Pavese: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Pronti a scendere nel gorgo muti?