Per la prima volta Netflix debutta alla sessantasettesima edizione del Taormina Film Fest con il film in concorso: A Classic Horror Story. Prodotto da Colorado Film e diretto da Roberto De Feo e Paolo Strippoli, questo horror non è poi così classico come il titolo potrebbe far pensare. “Volevamo girare un horror che partisse dai classici film dell’orrore - racconta Roberto De Feo-. Chi di voi ama il genere avrà riconosciuto varie citazioni come La casa o Non aprite quella porta. Ci siamo divertiti tantissimo a fare un film che citasse quelli con cui siamo cresciuti e che prendesse un po’ in giro lo spettatore facendogli credere di stare davanti a un classico film dell’orrore, mentre prende poi una strada propria”.

Nel film cinque carpooler a bordo di un camper, dopo essersi schiantati per evitare la carcassa di un animale, si ritrovano in mezzo a un bosco fitto e impenetrabile. Isolati e con i cellulari che non prendono, tra animali imbalsamati e maiali appena sgozzati, comincia la storia di paura.

Nel cast Matilda Lutz, Francesco Russo, Peppino Mazzotta, Yulia Sobol, Will Merrick, Alida Baldari Calabria e Cristina Donadio.

“Avevo visto The Nest e mi era piaciuto tantissimo- dice Matilda Lutz-. Mi sono messa nelle mani di questi due registi che mi hanno sorpresa tantissimo perché c’era un grande equilibrio sul set”.

Roberto De Feo (ph. Loris T. Zambelli)

“Prima il cinema horror spaventava con il soprannaturale, oggi spaventa con la realtà”, precisa De Feo, che insieme a Strippoli, e agli sceneggiatori (Lucio Besana, Milo Tissone e David Bellini) ha portato anche un po’ della nostra realtà nella storia: l’ndrangheta calabrese. “Netflix ci chiese di introdurre del folclore nella storia e così vi abbiamo messo la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, e l’ndrangheta. Ma non è un film sulla mafia. Non volevamo parlare di problemi reali. Abbiamo voluto utilizzare i cliché dell’horror e parlare anche dei cliché degli italiani in modo ironico”, dice Roberto De Feo. E Paolo Strippoli aggiunge: “La mafia è la più classic horror story italiana”.

Si parla di Calabria e di ’ndrangheta, ma non è ambientato in quelle terre perché è stato girato interamente in Puglia e a Roma per cinque settimane (“Abbiamo fatto delle ricerche fotografiche e scelto dei luoghi che erano identici alla Calabria come il Gargano”).

“Questo film è anche un’accusa alla pornografia del dolore e alla spettacolarizzazione della morte. I film horror devono raccontare quello che viviamo tutti i giorni e i nostri problemi”, dice Paolo Strippoli.

Anche le musiche, tra cui la canzone di Gino Paoli Il cielo in una stanza, giocano un ruolo fondamentale. “Dovevano essere contrastanti. Abbiamo scelto dei brani che stridessero con le immagini”, specificano i registi di questo film che dal 15 luglio sarà esclusivamente su Netflix. “Ci dicevano sempre che fare un horror italiano forse non era il caso. Netflix ci ha consentito di fare il film con delle risorse adeguate al mercato internazionale. È vero, non andrà sul grande schermo. Ma se non ci fosse stato Netflix questo film non si sarebbe neanche fatto quindi diventa un dettaglio dove si vedrà”, concludono.

Paolo Strippoli (ph. Loris T. Zambelli)