Un giovane principe contagiato da un terribile maleficio e costretto a viaggiare verso Ovest in cerca di un rimedio. Una ragazza allevata dai lupi che ha rinnegato la propria natura umana per combattere coloro che stanno distruggendo la foresta in cui vive. Una donna la cui ambizione non conosce limiti, spietata verso i nemici, ma compassionevole coi più deboli. Un bosco popolato di creature fantastiche e antiche divinità, una “città di ferro” dove gli abitanti plasmano le armi da fuoco che cambieranno per sempre il volto del Giappone medievale, una guerra senza quartiere e un legame tanto forte quanto impossibile.
Scritto e diretto da Hayao Miyazaki, Principessa Mononoke vide la luce nel 1997: in patria batté gli incassi di Titanic, negli USA andò molto bene e in Italia uscì in 12 sale. Oggi, finalmente, la Lucky Red riporta al cinema un capolavoro la cui sola colpa fu di arrivare prima che l'Oscar sdoganasse il nome del regista al di fuori del circuito dei soli appassionati di anime.
È un film che non va raccontato, ma visto e rivisto per coglierne le infinite sfumature: ogni immagine è un quadro, ogni situazione una metafora e ogni personaggio un abisso di onde contrastanti. La potenza atavica del mito e il folklore nipponico sposano un'animazione superba per raccontare un mondo sconvolto da una conflitto che non contrappone i buoni ai cattivi, ma due diversi modi di pensare (la Natura e la Civiltà) con i rispettivi pro e contro. In fondo, come suggerisce da sempre il sensei Miyazaki, i demoni peggiori non sono quelli che escono dalla foresta o dalle fornaci, ma quelli che corrompono l'animo: la paura, la vendetta, la violenza, l'incontrollabile sete di potere e, soprattutto, l'odio, l'oscuro veleno che porta alla morte uomini, animali e persino gli dei.
Se già lo amate, la visione di questa edizione restaurata e digitalizzata (nonché ridoppiata sotto la supervisione dello Studio Ghibli), è obbligatoria. Se, invece, ancora non lo conoscete, non perdetelo: ve ne innamorerete dal profondo del cuore.