In Veloce come il vento (2016) era una giovane campionessa di gare automobilistiche, in Atlas invece è un'appassionata di arrampicata. Stiamo parlando di Matilda De Angelis, protagonista del film di Niccolò Castelli, presentato in concorso al Taormina Film Fest e dall'8 luglio al cinema distribuito da Vision.

"L'idea di questo film l'ho avuta nel 2011 quando ci fu un attentato a Marrakech, ben prima degli attentati a Bruxelles, del Bataclan e della paura del terrorismo- dice il regista-. In quell'attentato morirono tre ragazzi della Svizzera italiana, la mia regione, e sopravvisse una ragazza. Fu un momento di shock perché in quel periodo ancora credevamo di vivere protetti in una bolla e lontani dalle guerre".

E poi: "Ho conosciuto la ragazza che è sopravvissuta e ho fatto un lungo percorso di scrittura e di ricerca. In Belgio ho avuto modo di conoscere altre vittime e altre persone che avevano subito dei traumi. Poi ho incontrato Matilda e ho capito che avrebbe perfettamente incarnato questo personaggio perché ne capiva le emozioni".

Matilda De Angelis interpreta Allegra, ragazza vittima di un attacco terroristico che costa la vita ai suoi amici. "È una protagonista tormentata- dice l'attrice-. Forse per la prima volta in vita mia mi sono sentita una grande responsabilità. Sentivo di avere sulle spalle novanta minuti di film e che se fosse andato male in parte sarebbe stata colpa mia. È un film fatto di molti silenzi. Ma tante volte i silenzi parlano più di mille parole. Allegra è come un animale in gabbia. Prima si sofferma sul dolore fisico e poi su quello mentale".

E aggiunge: "Ho avuto la fortuna di conoscere la ragazza sopravvissuta all'attentato. Volevo capire come era cambiata la sua natura e interiorità e come percepiva il suo rapporto con gli altri. Il lavoro dell'attrice è un lavoro di empatia e io ho cercato di restituire verità e sincerità al personaggio. Penso che la realtà è sempre una proiezione della nostra interiorità. È soggettiva. L'unico modo in cui noi possiamo arricchire questa nostra realtà è l'altro. È il comunicare, il mettersi in gioco e lo scambiare delle energie: quando uno si incontra con un'altra persona subentra qualcosa di più istintivo. Anche Allegra a un certo punto decide di far entrare nel suo mondo un altro, un giovane rifugiato del Medio Oriente di nome Arad ed inevitabilmente la sua realtà cambia".

Girato a Lugano, nella Svizzera italiana, nel Trentino sulle Dolomiti al confine con il Veneto e in altre zone della Svizzera, il film non segue pedissequamente la cronologia degli eventi, ma racconta in modo sparso i ricordi di Allegra.

"Della storia reale c'è solo la scena dell'attentato. Il resto è di finzione. È un film che racconta una riconquista di sé attraverso l'altro. È stato importante non mancare di rispetto alla vita, consapevoli che stavamo raccontando delle emozioni umane. Per me è importante tornare a fare un cinema civico e militante, non politico o neorealista, ma vicino alla vita", dice il regista.

Sulla preparazione fisica per l'arrampicata Matilda racconta: "Non avevo mai arrampicato in vita mia. Avevo però degli amici che lo facevano. Già in Veloce come il vento ero stata catapultata a fare uno sport estremo. Qui ho provato direttamente sulle montagne. Ho sempre fatto tanto sport e per fortuna il mio corpo risponde bene agli stimoli". E sul suo successo dice: "Il 2019 per me è stato un anno di bottega. Mentre nel biennio 2020- 2021 ho raccolto i frutti del mio impegno passato che è stato davvero tanto. Accetto un personaggio quando mi parla e mi emoziona. Scelgo personaggi femminili che siano indipendenti e protagonisti e non al servizio di altri personaggi".

Infine conclude: "I festival hanno quel motore goliardico e di aggregazione che muove tutto. È un momento di energia collettiva. È come se il cinema diventasse una festa. Sono fondamentali per la ripartenza".