“Non è un film sulla pedofilia o sul cattolicesimo. E’ un film sugli uomini e sulla loro fragilità”. Parola del regista francese François Ozon che dopo l'Orso d'Argento vinto al Festival di Berlino arriva ora nelle nostre sale (dal 17 ottobre con Academy Two, in circa 50 copie) con il film sul caso degli abusi sui minori nella diocesi di Lione, allora retta dal cardinale Philippe Barbarin. Il titolo è Grazie a Dio e nasce proprio da una frase infelicemente pronunciata da quest’ultimo nel corso di una conferenza stampa dove dichiarò: “Grazie a Dio i fatti sono prescritti”.

Melvil Poupaud in Grazie a Dio

“Parole terribili che suscitarono scandalo e scalpore in Francia. Per questo motivo quando ho girato il film a Lione nel ciak mettevo un titolo provvisorio, che non era questo, perché altrimenti chiunque avrebbe capito quale argomento stavo trattando”, racconta il regista che si è imbattuto nel caso Preynat (prete che molestò diversi bambini) consultando il sito creato dalle vittime La Parole Libérée.

“Per caso ho scoperto su Internet questo sito e ho iniziato a leggere le testimonianze e sono stato colpito da questi abusi. Così ho deciso di raccontare la storia di queste persone”, prosegue Ozon, che, dopo aver fatto molti film con protagoniste donne, ha deciso di mettere in prima linea gli uomini e i loro sentimenti. A cominciare da Alexandre Guérin e dalla sua iniziativa solitaria intrapresa nel 2014 contro la diocesi di Lione per ottenere la revoca degli incarichi a Padre Bernard Preynat, per proseguire con altre due vittime: François Debord e Emmanuel Thomassin. Tre uomini che unirono le loro forze per abbattere il muro di silenzio che circondò il loro dramma.

“La struttura del film dipende da come si sono realmente svolti i fatti - prosegue -. Per due anni Alexandre Guérin è rimasto a combattere da solo in questa storia, poi ha deciso di rivolgersi alla giustizia e questo ha dato vita a un’investigazione vera e propria”.

Una storia che lo ha scioccato perché "ci furono tante denunce e Bernard Preynat ammise sempre la sua perversione. Eppure in trent’anni nessuno ha fatto nulla per tenerlo lontano dai bambini. Per tanto tempo la Chiesa ha considerato la pedofilia come un peccato al pari dell’omosessualità e dell’aborto, ora piano piano questa cosa sta cambiando”, dice il regista.

Che sulla possibilità del perdono aggiunge: “I preti possono anche chiedere perdono, ma questo non cancella la colpa, l’errore e il reato che viene commesso. Per molto tempo la Chiesa ha gestito così questo problema, attribuendo al perdono una forza talmente grande da arrivare ad assolvere non soltanto i peccati, ma anche gli errori. Come se fosse un modo per fare giustizia. Il perdono non risolve nulla ma condanna al silenzio perpetuo le vittime”.

Il regista francese, che ha avuto un’educazione cattolica “estremamente formativa”, ma “ha perso la fede durante l’adolescenza”, ha scelto di fare un film di finzione stile Il caso Spotlight perché “le vittime non volevano un documentario, ma preferivano un film alla Spotlight, che gli era piaciuto molto e che ha fatto cambiare le cose nella diocesi di Boston. Lì il punto di vista è quello dei giornalisti, qui è quello delle vittime. Ho incontrato loro e i loro parenti e ho sentito subito una grande responsabilità perché sono tutte persone che ammiro e che non le volevo in alcun modo tradire. Le vittime non si sono mai incontrate durante le riprese con gli attori che li interpretavano. Si sono visti solo alla prima del film che c’è stata a Parigi”.

Denis Ménochet, Eric Caravaca, Swann Arlaud e Melvil Poupaud in Grazie a Dio

Questo film ha suscitato molte emozioni e ha avuto un grande successo in Francia, con un milione di spettatori. Quali sono state le reazioni della Chiesa di Lione?

“Le gerarchie ecclesiastiche e l’avvocato del sacerdote hanno provato a bloccare l’uscita del film. Fino a due giorni prima non sapevamo se sarebbe uscito o meno”, risponde Ozon.

E il Vaticano? “Sicuramente le vittime sono rimaste sconvolte. Si aspettavano che il Papa reagisse accettando le dimissioni del Cardinale Barbarin e non respingendole. A parole va bene tutto e si parla di contrasto alla pedofilia. Ma poi le azioni non sembrano seguire queste nobili intenzioni”, conclude il regista.