“La diagnosi fu inattesa, sono stato recluso per lungo tempo. Dopo il percorso terapeutico, ho cominciato a pensare che potevo raccontare questa storia: dovevo allontanarmi e fare appello al mio mestiere di autore”.

Francesco Bruni arriva a Castiglione Cinema 2021 – RdC incontra per presentare il suo Cosa sarà (già premiato con il premio Navicella Cinema Italiano dalla redazione della Rivista del Cinematografo: "Mi avete reso felice in un momento di disperazione - svela - quando il film era rimasto bloccato dalla pandemia e non poteva uscire in sala") sul grande schermo nella medievale Rocca del Leone di Castiglione del Lago.

Intervistato da Valerio Sammarco, giornalista e critico della RdC, racconta la genesi del suo lavoro più personale, incentrato sullo scherzare sulla malattia è la chiave del film: “Ho avuto un apripista – spiega – che è stato Mattia Torre, un grande autore che purtroppo non ce l’ha fatta e a cui il film è dedicato. Mattia aveva fatto La linea verticale, una serie incentrata proprio su un personaggio che, come lui, scopre di essere malato. Mattia era un maestro di umorismo, giocavamo a fare assurde gare per vedere chi aveva i valori sanguigni migliori o l’emoglobina più bassa. Grazie a lui ho capito che si poteva raccontare la malattia con leggerezza”.

Un approccio che da sempre appartiene a Bruni: “È nel mio dna. Sono stato allievo di Suso Cecchi D’Amico e Furio Scarpelli, giganti che di questa cosa hanno fatto un’arte: raccontare il dramma attraverso l’umorismo”.

Fondamentali, per la realizzazione di Cosa sarà, sono stati il produttore Carlo Degli Esposti (“Gli devo moltissimo, è un amico di famiglia che durante la malattia mi è stato vicino in maniera impensata. Anche se quando gli ho raccontato la storia del film non ha fatto i salti di gioia”) e il protagonista Kim Rossi Stuart: “Ha accettato di partecipare nell’arco di una giornata. È stato molto importante tant’è che figura come collaboratore alla sceneggiatura. Sono tornato sul copione molto a lungo con la volontà di rispondere a suoi interrogativi: ho capito che voleva togliersi spazio per lasciarlo agli altri interpreti. Ha dato consigli che hanno migliorato il film. La sua è una interpretazione strabiliante, mettendo in conto che ha fatto anche un sacrificio fisico della sua bellezza”.

Protagonista, certo, ma in Cosa sarà Rossi Stuart è circondato da quattro donne (la moglie Lorenza Indovina, la figlia Fotinì Peluso, la dottoressa Raffaella Lebboroni e Barbara Ronchi, che ha un ruolo sorprendente) che hanno un peso molto forte nell’economia del racconto e per lo sviluppo personaggio principale. “La chiave di volta è stata affidare il ruolo del primario a mia moglie Raffaella. Nella realtà sono stato curato da un uomo, il professor Andrea Bacigalupo del Gemelli di Roma, ma questo spostamento ha provocato un bilanciamento dell’asse: attorno al maschio super-protagonista ci sono quattro donne che per competenza, pazienza, maturità, capacità d’amore gli sono superiori. La malattia lo mette di fronte ai suoi difetti. È un film dove le donne rivendicano la centralità di un racconto sulla fragilità maschile”.

Protagonista di Cosa sarà è un regista (“Un uomo percepito come fortunato ma che non è riuscito a inserirsi nelle maglie del sistema. Ho reso omaggio ai miei colleghi che fanno fatica a imporsi”), stesso mestiere che da un decennio svolge lo stesso Bruni, dopo vent’anni di sceneggiature fianco a fianco con Paolo Virzì, Mimmo Calopresti e per la serie del Commissario Montalbano.

“C’è una differenza enorme - spiea Bruni - tra fare il regista e solo lo sceneggiatore. Lo sceneggiatore è un gregario di lusso, ti presti a interpretare la visione del mondo di un altro, spesso in modo soddisfacente. Quando scrivi per te stesso racconti il tuo stile. Il passaggio alla regia è avvenuto in modo casuale: il produttore Beppe Caschetto mi propose una commedia sulle corna. Io stavo attraversando un periodo complicato con figlio che aveva problemi con lo studio e quando raccontavo le nostre questione tutti ridevano. Allora ho trasformato noi nei personaggi: Scialla! era il mio film e da lì in poi non ho più smesso”.

Francesco Bruni e Valerio Sammarco (foto di Karen Di Paola)

Prima dell’esordio alla regia Bruni non era un frequentatore di set: “Prima dell’avvio delle riprese ho chiamato Virzì perché ero terrorizzato. Paolo mi ha detto: tu guarda Vladi, che è un attrezzista di Livorno. Se lui è sereno, va tutto bene. Se lo vedi cupo, vacci a parlare. È tutto qui”.

Dopo Scialla! e prima di Cosa sarà sono arrivati Noi 4 e Tutto quello che vuoi, i cui personaggi costituiscono un microcosmo allargato: perché non fare incontrare tutti loro in una serie? “È un’idea che mi circola nella testa: come l’Universo Mavel, c’è il Bruniverse. Al momento è un progetto che ho accantonato ma mi piacerebbe lavorarci: abitano in zone limitrofe, potrebbero innamorarsi tra loro, conoscersi a scuola, ospitarsi a vicenda”.

Francesco Bruni è protagonista della nuova pubblicazione della collana Frames delle Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo: La vita viene prima, scritto da Claudia Munarin con il prezioso contribuito di Bruni stesso: “Il titolo – spiega il regista – lo ha scelto Claudia e arriva da una frase di Scarpelli: non partite dal cinema, diceva Furio, non vi nutrite solo di cinema, fate altro perché la vita viene prima. Claudia ha messo in ordine qualcosa che per me è stato un soffio di tempo, trent’anni di lavoro. Leggendo il libro si capisce che l’ispirazione non si sa da dove viene e non si crea a tavolino: si accende nella testa ogni volta in maniera differente. In un’epoca in cui si tende a creare modelli di successo e a riprodurli originalità, il metodo resta quello dello stare in ascolto e vivere in mezzo alle persone senza arroccarsi”.

Francesco Bruni riceve il Premio Castiglione Cinema 2021 - RdC incontra (foto di Karen Di Paola)