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Atmosfere più cupe, nuovi personaggi, maggiore intimità fra i protagonisti e sempre più dichiarati accenni alla religione che tanta parte ha avuto nella sua ideazione. Le prime anticipazioni sulla seconda stagione di Lost, la serie tv americana che ha spopolato negli Usa e incassato il miglior share degli ultimi sette anni in seconda serata Rai, trapelano alla Casa del Cinema di Roma. A rivelarle è lo stesso Damon Lindelof, sceneggiatore e coautore del format insieme al celebre J.J. Abrams, di recente regista di Mission: Impossible III. Al centro della storia sarà come in passato la lotta per la sopravvivenza di un gruppo di reduci di un disastro aereo, finiti su un'isola deserta apparentemente abitata da sinistre presenze. Tra le principali novità della nuova stagione, da settembre in onda su Fox Tv e poi a febbraio sulla Rai, il fatto che oltre un terzo dell'azione sarà ambientato all'interno di una botola sotterranea, in cui si trovano prigionieri i protagonisti Jack e Kate. Nel primo episodio, presentato in anteprima a una folta platea di studenti, i due finiscono per seguire l'intrepido Locke nella ricerca di un rifugio in cui ripararsi. Sotto un coperchio metallico con la scritta "Quarantena" si schiude una grotta ipertecnologica, dotata di sofisticati computer e apparecchiautre e abitata da un misterioso personaggio. Soltanto nell'ultima scena, mentre l'enigmatico Locke si trova sotto la minaccia di una pistola, il giovane si scopre essere appartenuto al passato di Jack.
Attualmente al lavoro sulla terza serie, Lindelof promette che le novità proseguiranno anche in futuro: "Resterà invariata la struttura portante del format, ma ogni ciclo di episodi sarà caratterizzato dall'introduzione di nuove location. La seconda stagione risulterà simile, ma allo stesso tempo molto diversa dalla precedente: fra i protagonisti, che nella prima dovevamo ancora conoscere, adesso matura più intimità. Alla scoperta di ciascuno di loro e del perché delle loro azioni sarà dedicata nuovamente ogni puntata. Come già nella terza che andrà in onda negli Usa il prossimo anno, ogni serie avrà la sua location distintiva". Filo rosso fra tutte, spiega, è però la comune genesi nelle paure figlie dell'11 settembre: "Sapevamo che dopo quel trauma l'America voleva speranza ed è quello che abbiamo provato a darle. La stessa storia è infatti incentrata un gruppo di persone, fra loro molto diverse, accomunate soltanto dalla paura e dalla disperata lotta per sopravvivere a una minaccia che non conoscono". I riferimenti e le metafore sull'attualità non si fermano però qui: "Abbiamo iniziato a lavorare all'episodio pilota ai tempi dell'invasione di Bagdad - racconta Lindelof -. Allora dicevano che in sei mesi avremmo deposto Saddam e saremmo tornati a casa. Anche per questo ci è sembrato interessante introdurre un iracheno tra i personaggi. Vedere che anche lui, nella terza serie è ancora lì, assume oggi un significato inquietante". Già nella seconda, la scomparsa di un altro personaggio cattolico e molto credente, sottolineerà poi la crescente influenza della religione nello sviluppo della storia: "La morte di mio padre mi ha condizionato molto - dice Lindelof -. Superare il lutto da ateo mi ha fatto scoprire tanti aspetti del cattolicesimo, da cui sono rimasto affascinato".