(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Qualche anno fa ho girato un documentario, 'Per altri occhi', con dei non vedenti. Mi sono accorto da un lato quanto la vista ci porta a giudicare subito e a non conoscere a fondo e quanto tanti non vedenti siano persone piene di vita e d’ironia, che nonostante il loro handicap lavorano, fanno sport, viaggiano... Mi sono poi reso conto che al cinema non avevo mai visto niente di tutto ciò. Quindi ho deciso di portarcelo io". Il regista Silvio Soldini ha raccontato così com'è nato Il colore nascosto delle cose, il film che ha portato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

Giannini, Golino, Soldini - Foto Karen Di Paola

 

"Al cinema o in tv i ciechi erano spesso dipinti in modo drammatico, scontato, o con dei quasi super-poteri. Così ho deciso di filmare una storia d’amore con una non vedente come accade nella vita". E la storia d'amore è quella che nasce tra Emma (Valeria Golino) e Teo (Adriano Giannini).

Due personaggi diversissimi. Quando incontra Emma, "Teo - spiega Adriano Giannini - è un uomo in fuga: dal suo passato, dalla famiglia di origine, dai letti delle donne con cui passa la notte e dalle responsabilità". Il lavoro è l’unica cosa che veramente ama, fa il creativo per un’agenzia pubblicitaria e non stacca mai, tablet e cellulari lo tengono in perenne e compulsiva connessione con il mondo.

"Emma - aggiunge l'attore - lo costringe invece a guardare al di là delle apparenze". Emma ha infatti perso la vista a sedici anni, ma non ha lasciato che la sua vita precipitasse nel buio. Fa l’osteopata e gira per la città col suo bastone bianco, autonoma e decisa. Si è da poco separata dal marito e Teo, brillante e scanzonato, sembra la persona giusta con cui concedersi una distrazione. All'inizio il loro incontro porta una ventata di leggerezza che però finisce bruscamente. Ma niente sarà più come prima.

Valeria Golino ha affrontato un lunghissimo percorso di preparazione per "provare a non vedere pur vedendo". "L'altra grande difficoltà è stata non comunicare con gli occhi, con gli sguardi. Ho dovuto mettere in letargo gli occhi e introiettare i sentimenti. Tutte queste cose mi rendono indimenticabile questo film".

"In realtà il vero 'cieco' della storia, in senso metaforico ero io - scherza Giannini - ma anche io all'inizio ero spiazzato dal non poter guardare Valeria negli occhi". "Volevo raccontare l’incontro tra due mondi lontanissimi, di un uomo che cambia, del coraggio di affrontare la vita, con leggerezza e profondità. E raccontare Emma e Teo come fossero due di noi, due persone amiche", conclude Soldini.