Munich

Che cosa successe all'indomani del 5 settembre 1972? Fatti e fiction nel nuovo, dolentissimo, film di Steven Spielberg

Leggi la recensione

USA 2005
Nell'agosto 1972, durante la seconda settimana dei Giochi Olimpici di Monaco, il commando terroristico palestinese "Settembre Nero", compie un blitz nel villaggio olimpico rapendo alcuni componenti della squadra israeliana per ottenere la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi. Durante 21 ore trasmesse in diretta tv, il commando compie un atroce massacro in cui tutti gli ostaggi perdono la vita. Per vendicare la morte dei loro connazionali, il Mossad, il servizio segreto israeliano, mette in atto l'"Operazione Ira di Dio", un piano segretissimo che prevede la ricerca e l'eliminazione di tutti i componenti di 'Settembre Nero'. Il difficile incarico viene assegnato al giovane Avner, un ufficiale del Mossad, e a quattro reclute specializzate: Steve, un esuberante autista sudafricano bianco; Hans, un ebreo tedesco specialista nella falsificazione di documenti; Robert, un belga esperto nella fabbricazione di esplosivi; e Carl, un uomo silenzioso e metodico che ha l'incarico di cancellare ogni traccia delle azioni punitive...
SCHEDA FILM

Regia: Steven Spielberg

Attori: Eric Bana - Avner, Daniel Craig - Steve, Geoffrey Rush - Ephraim, Mathieu Kassovitz - Robert, Hanns Zischler - Hans, Ciarán Hinds - Carl, Mathieu Amalric - Louis, Michael Lonsdale - Papa, Ayelet Zurer - Daphna, moglie di Avner, Gila Almagor - Madre di Avner, Moritz Bleibtreu - Andreas, Valeria Bruni Tedeschi - Sylvie, Meret Becker - Yvonne, Marie-Josée Croze - Jeanette, Yvan Attal - Tony, amico di Andreas, Ami Weinberg - Generale Zamir, Lynn Cohen - Golda Meir, Amos Lavi - Generale Yariv, Moshe Ivgy - Mike Harari, Michael Warshaviak - Avvocato Meir Shamgar, Ohad Shahar - Ministro, Sharon Alexander - Generale Nadev, Samuel Calderon - Generale Hofi, Oded Teomi - Contabile del Mossad, Alon Aboutboul - Soldato israeliano con Zamir, Makram Khoury - Wael Zwaiter, Igal Naor - Mahmoud Hamshari, Hiam Abbass - Marie Claude Hamshari, Mouna Soualem - Amina Hamshari, Mostefa Djadjam - Hussein Abad Al-Chir, Assi Cohen - Novello sposo, Lisa Werlinder - Novella sposa, Djemel Barek - Zaid Muchassi, Dirar Suleiman - Abu Youssef, Ziad Adwan - Kamal Edwan, Bijan Daneshmand - Kamal Nasser, Rim Turkhi - Moglie di Adwan, Jonathan Rozen - Ehud Barak, Liron Levo - Uomo del commando, Ohad Knoller - Uomo del commando, Charley Gilleran - Guardia araba/Commando, Lyès Salem - Guardia araba, Carim Messalti - Guardia araba, Hichem Yacoubi - Guardia araba, Omar Mostafa - Guardia araba, Mahmoud Zemouri - Anziano libanese, Souad Amidou - Moglie di Yussef, Omar Metwally - Ali, Nasser Memarzia - Anziano palestinese, Abdelhafid Métalsi - Palestinese, Karim Quayouh - Giovane palestinese, Michael Yannatos - Portiere dell'Aristides, Faruk Pruti - Connessione KGB, Rad Lazar - Connessione KGB, Laurence Février - Moglie di Papa, Mehdi Nebbou - Ali Hassan Salameh, Hicham Nazzal - Guardia Salameh, Brian Goodman - Americano belligerante, Richard Brake - Americano belligerante, Robert John Burke - Americano belligerante, Yehuda Levi - Soldato all'aeroporto di Tel Aviv, Danny Zahavi - Soldato all'aeroporto di Tel Aviv, Itay Barnea - Viceconsole israeliano, Elyse Klaits - Segretaria al Consolato, Karim Saleh - Issa, Merik Tadros - Tony 'Il cowboy', Mousa Kraish - Badran/Mohammed Safed, Moa Khouas - Samir/Jamal Al-Gashey, David Ali Hamade - Paulo, Ben Youcef - Saleh, Sami Samir - Abu Halla, Guri Weinberg - Moshe Weinberg, Sam Feuer - Yossef Romano, Sabi Dorr - Yosef Guttfreund, Wojciech Machnicki - Tuvia Sokolovsky, David Feldman - Kehat Schur, Ori Pfeffer - Andre Spitzer, Shmuel Edelman - Yaakov, Ossie Beck - Eliezaar Halfen, Guy Amir - Mark Slavin, Haguy Wigdor - Zeev Friedman, Jonathan Avigdori - Gad Tsabari, Kevin Collins - Atleta americano, Daniel Bess - Atleta americano, Baya Belal - Telespettatrice palestinese, Ula Tabari - Telespettatrice palestinese, Saïda Bekkouche - Rifugiata, Fattouma Ousliha Bouamari - Rifugiata, Alexander Beyer - Reporter tedesco in metro, Geoffrey Dowell - Conduttore TG israeliano, Rana Werbin - Conduttrice TG israeliana, Félicité Du Jeu - Dirigente della banca svizzera, Mordechai Ben-Shachar - Anziano nel bar di Haifa, Sasha Spielberg - Telespettatrice israeliana, Renana Raz - Telespettatrice israeliana, Stéphane Freiss - Reporter francese in metro, Arturo Arribas - Reporter spagnolo in metro, Jalil Naciri - Reporter arabo in metro, Martin Ontrop - Componente troupe di Monaco, Joram Voelklein - Componente troupe di Monaco, Michael Schenk - Fotografo a Monaco, Andreas Lust - Componente troupe a Fürstenfeldbruck, Tom Wlaschiha - Componente troupe a Fürstenfeldbruck

Soggetto: George Jonas - libro

Sceneggiatura: Tony Kushner, Eric Roth, Charles Randolph

Fotografia: Janusz Kaminski

Musiche: John Williams

Montaggio: Michael Kahn

Scenografia: Rick Carter

Costumi: Joanna Johnston

Effetti: Ferenc Deák, Joss Williams, Pablo Helman, Pacific Title & Art Studio, Industrial Light & Magic (ILM)

Altri titoli: Vengeance, Untitled 1972 Munich Olympics Project

Durata: 160

Colore: C

Genere: DRAMMATICO THRILLER STORICO

Specifiche tecniche: 35 MM, TECHNICOLOR

Tratto da: libro "Vengeance: The True Story of an Israeli Counter-Terrorist Team" di George Jonas

Produzione: STEVEN SPIELBERG, KATHLEEN KENNEDY, BARRY MENDEL, COLIN WILSON PER UNIVERSAL PICTURES, DREAMWORKS SKG, AMBLIN ENTERTAINMENT, KENNEDY/MARSHALL COMPANY, ALLIANCE ATLANTIS COMMUNICATIONS

Distribuzione: UIP (2006)

Data uscita: 2006-01-27

TRAILER
NOTE
- NOMINATION OSCAR 2006: MIGLIOR FILM, MIGLIOR REGIA, MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE, MIGLIOR MONTAGGIO, MIGLIOR COLONNA SONORA.
CRITICA
"Riassunto, 'Munich' potrebbe essere 'solo' un bel thriller equamente diviso fra azione e morale. Invece è la ricostruzione (in parte documentata ma largamente congetturale) dell'operazione che seguì la strage di Monaco. Insomma un film politico, di infinita delicatezza per il tema e di enorme impatto per il linguaggio, dedicato a uno dei nodi più dolorosi del mondo contemporaneo. Fin qui però la discussione si è concentrata sul tema e sui suoi risvolti politici dribblando l'essenziale, cioè appunto il linguaggio. Che è ciò che rende 'Munich' scomodo (nelle poche scene davvero convincenti) ma più spesso imbarazzante, quali che siano le proprie convinzioni politiche o morali. Sapendo di muoversi su un terreno minato, Spielberg fa infatti massima attenzione all'equilibrio delle ragioni e dei torti sui due fronti, israeliano e palestinese. E questo va benissimo naturalmente. Ma sembra anche così preoccupato di bilanciare l'azione con la riflessione, gli inevitabili sosia (Golda Meir) con l'invenzione pura, l'orrore con lo humour, che il tutto spesso suona falso e artificioso. Insomma non rinuncia a nessuno degli accorgimenti che rendono il suo cinema così accattivante e spettacolare, ma gli sovrappone un fragile strato morale che risulta costantemente contraddetto dalle immagini. Nei momenti migliori l'ambivalenza, tema profondo del film, ci scuote. (...) 'Munich' mette a disagio perché convenzionale da cima a fondo. Vorrebbe insinuare dubbi, ma lo fa con le immagini monolitiche e autoritarie del cinema di genere. Resta per così dire schiavo del racconto (delle sue convenzioni), senza mai mettere in crisi la sua struttura profonda, come accadeva per fare un esempio in 'Niente da nascondere'. Naturalmente Spielberg non è Haneke, ci mancherebbe, l'esempio è del tutto strumentale. Ma resta la sensazione costante, e sgradevole, che per scendere su questo terreno l'artiglieria pesante di Spielberg non fosse la più indicata." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 gennaio 2006) "'Munich' di Steven Spielberg parte alla grande con un allucinante quarto d' ora di spettacolo che sembra preludere a un capolavoro. (...) Il seguito dei 164 minuti di Munich, lungi dal soddisfare l'attesa del capolavoro annunciato, rientra nei canoni del film d'azione: la determinazione di Avner che si stempera in un crescendo di dubbi sulla legittimità della missione anche alla luce di alcuni tragici errori, la caratterizzazione dei kidonim, il thrilling degli attentati dove la parafrasi hitchcockiana è a volte guastata da un ambientazione non sempre all'altezza (quella Roma girata a La Valletta per ragioni di economia è inaccettabile). Per non parlare della sequenza in sottofinale quando Avner facendo l'amore con la moglie non riesce a togliersi dalla testa la strage di Monaco. Per cui Jérome Garcin su le 'Nouvelle Observateur' ha scritto: 'Di un cattivo gusto insuperabile, questo montaggio parallelo basta a contrassegnare il disastro del film'. Più condivisibili gli equilibrati rilievi di Todd McCarthy su 'Variety': racconto servito con professionalità e tuttavia troppo lungo, due ore bastavano; schema 'Dieci piccoli indiani', ovvero i morti centellinati in serie alla Agatha Christie, a rischio di noia; protagonista moscio. Sottoscrivo tutto, aggiungendo un elogio per Geoffrey Rush nel ruolo ambiguo del referente governativo, purché non vada sottovalutato il messaggio del film: non è il perdono la migliore vendetta, ma la trattativa." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 27 gennaio 2006) "E' un film da 'non mancare' non perché sia eccezionalmente bello. Ma per il suo contenuto, per come Spielberg - ebreo impegnato nella difesa della memoria delle persecuzioni e della causa israeliana - lo ha trattato. (...) Si è detto, non senza spunti polemici, che Spielberg è giustificazionista verso i palestinesi; e lui ha risposto di non credere all'escalation delle armi ma alla trattativa, aggiungendo di essere pronto a dare la vita per Israele. Eppure la sensazione è che il film lascia è quella che non ci sarà mai scampo, che le reciproche ostilità e paure sono troppe perché si riesca a far tacere le armi. Forse Spielberg non voleva, ma il magone con cui esce dal film è questo." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 27 gennaio 2006) "Che re Steven sia uno dei massimi registi della nostra epoca è un fatto acclarato. Che il suo pragmatismo e la sua generosità professionale lo portino a toccare alti e bassi, altrettanto. Basta confrontare lo straordinario prologo (l'azione terroristica che ritornerà nei successivi flash-back) con il pessimo finale (l'amore coniugale in montaggio alternato con i rimorsi) di 'Munich' per confermarlo. Questo film possente e, appunto, disuguale verifica un altro topos spielberghiano, quello che il collega Bruzzone ha acutamente denominato la tortura della coperta: puntualmente tirato da una parte e dall'altra, il regista sembra nato per alimentare le opposte fazioni politiche e cinéfile. Mentre i sinistri vessilli di Hamas sventolano sul Parlamento palestinese, 'Munich' non fornisce, in effetti, risposte perentorie e tantomeno definitive, ma si limita a inscenare una riflessione sulla ragion di stato e sull'efficacia della vendetta che travalica e forse penalizza la modica quantità dell'opinione personale. In fondo, lo spettatore si ritrova ad assistere a un buon thriller spionistico, a tratti veristico a tratti romanzato, chiaramente ispirato allo stile del cinema americano degli anni Settanta ('I tre giorni del condor'); mentre il contrappunto del travaglio morale dell'antieroe protagonista (il modesto Eric Bana) non ha la forza di elaborare una tesi inedita, convincente e, soprattutto, spendibile nell'attualità. (...) Accantonato, giocoforza, il presunto messaggio scottante, si deve riconoscere il nerbo registico: suspense calibrata, ambientazioni e fotografia suggestive, movimenti ampi e sicuri della macchina da presa, ossessioni e paure che si rapprendono e si sciolgono nell'adrenalina delle esecuzioni. Per fortuna Spielberg, anche quando cerca d'imitare il complottismo venato di allusioni oracolari alla Le Carré (chi sarà mai il patriarca francese che si mette al servizio di qualsiasi gruppuscolo disposto a pagare?), non tradisce la vocazione al puro spettacolo, ai ritmi incalzanti, all'intelligenza dei dettagli, insomma al suo stile ad alta definizione popolare." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 28 gennaio 2006) "Tutto il film è incentrato su questo personaggio che si muove come all'interno di un thriller, sicario non di professione ma per fede politica. E' bene ricordare che Spielberg è un ebreo della diaspora che crede fermamente allo stato di Israele, pur avendo in alcune occasioni manifestato la sua contrarietà ad alcuni interventi di rappresaglia e ritorsione. In altre parole: nell'universo del regista americano è l'uomo in quanto persona che prevale e che è al centro dell'interesse della sua macchina da presa. (...) Spielberg è molto bravo a portarci dentro l'orrore e, al contempo, a misurare i possibili drammi dopo l'evento di sangue. Si sa che la violenza può essere descritta fondamentalmente in due modi, cioé da un punto di vista metafisico, come nel "Diavolo probabilmente" di Robert Bresson o "Cul de sac" di Roman Polanski, oppure totalmente immersi nella realtà, dall'interno dei fatti e delle azioni. Il regista americano ha scelto questo secondo sguardo, senza cadere nella platealità e nell'effettaccio, come invece capitava con l'eccessiva insistenza nella parte iniziale di "Salvate il soldato Ryan" (...) L'incipit di "Munich" è cinematograficamente perfetto: sembra, come ha annotato il critico Paolo Escobar, un gioco di specchi che si riflettono nel loro perfetto e crudele equilibrio. E' l'equilibrio del terrrore che, con un montaggio magistrale su un'altrettanto magistrale "sceneggiatura di ferro", ci introduce nella vicenda come un proemio che in se stesso ha già al proprio interno l'umore del significato globale del film. Ripeto: è la violenza assolutamente non voluta che non è pensata solo per tenere desta l'attenzione, ma per creare l'effetto d'orrore nei confronti dell'uccisione e delle modalità attraverso le quali questa si attua. (...) Il regista sembra dirci, e alla fine ciò appare palesemente. che l'autentico amore di un ebreo per Israele non può accettare il "do ut des" di ogni forma di vendetta." (Franco Patruno, L'Osservatore Romano, 4 febbrario 2006)