DON BOSCO

ITALIA 1988
Ridotto senza forze in una poltrona, sul finire della vita, Don Bosco ripensa commosso al suo passato, ai suoi sogni di fanciullo, da quando, per divertire gli amici, camminava librato su una corda tesa fra due alberi nei prati dei Becchi, lo sguardo fisso alla meta per non precipitare nel vuoto. Si delineano così i momenti più significativi della sua vita per i giovani: li cerca ai bordi dei cantieri della povera Torino pre-industriale dell'800, per sottrarli allo sfruttamento di padroni senza scrupoli; dove può, in un prato, una tettoia, una cascina, improvvisa rudimentali laboratori per dar loro un mestiere; offre pane, riparo, amicizia. Confortato da Don Borel affronta ostilità di politici, ecclesiastici, imprenditori infuriati, fanatici d'ogni specie. Viene minacciato e aggredito; sfugge più volte alla morte. Non esita a recarsi a Roma dai papi Pio IX e Leone XIII per trovar sostegno alla sua causa che vede fiorire la sua Opera e crescere il numero di coloro che ne assicurano il futuro. Muore sussurrando una preghiera di lode a Maria, l'ispiratrice della sua incredibile avventura di educatore.
SCHEDA FILM

Regia: Leandro Castellani

Attori: Ben Gazzara - Don Bosco, Patsy Kensit - Lina, Karl Zinny - Giuseppe, Laurent Terzieff - Monsignor Gastaldi, Piera Degli Esposti - Madre Di Lina, Philippe Leroy - Leone Xiii, Edmund Purdom - Urbano Rattazzi, Pierluigi Misasi - Don Cagliero/Don Provera, Rick Battaglia - Michele Cavour, Leopoldo Trieste - Don Borel, Raymond Pellegrin - Pio Ix, Aldo E. Castellani - Aldo, Egidio Termine, Luca Lionello, Silvano Tranquilli

Soggetto: Ennio De Concini

Sceneggiatura: Silvana Buzzo, Ennio De Concini

Fotografia: Renato Tafuri

Musiche: Stelvio Cipriani

Montaggio: Leandro Castellani

Costumi: Luciana Marinucci

Durata: 96

Colore: C

Genere: STORICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: RAIUNO; ELLE DI.CI.; TIBER CINEMATOGRAFICA

Distribuzione: COLUMBIA TRI STAR FILMS ITALIA - EDITRICE LA SCUOLA

CRITICA
"Il regista, Leandro Castellani, in fase di lavorazione aveva dichiarato che il suo film non intendeva essere né una ricostruzione minuziosa né il ritratto di un riformatore sociale. Ma il prodotto ultimato barcolla da qualsiasi punto lo si voglia guardare con le musiche stereotipate di Stelvio Cipriani, la bella ma in questo contesto gratuita e troppo flou fotografia di Renato Tafuri, i costumi e le scenografie da melodramma fumettistico di Guido Josia. Persino le masserie piemontesi con il granaio e la stalla sembrano false, ricostruite in studio senza attenzione al mondo contadino in cui maturò, all'ombra dell'industrializzazione, il santo che morendo disse: 'Tutto è compiuto. Io non sono altro che una cicala che canta e poi muore'." (Giovanna Grassi, 'Il Corriere della Sera', 8 Ottobre 1988)

"Don Bosco sa menar le mani se necessario, placa le ire dei cani lupo come S. Francesco, irrompe nella casa di tolleranza per inveire contro i farisei del sesso. In tempi di crisi mistiche (Scorsese), di preti dimezzati ('La Messa è finita'), di sacerdoti esorcisti (Walter Matthau nell'imminente 'Piccolo diavolo' di Benigni) o visionari ('Sous le soleil de Satan' di Pialat: a proposito, che fine ha fatto?), il fondatore dell'ordine dei Salesiani è figura pia e benemerita. Pensate che anche l'ottava meraviglia (Eight Wonder) del mondo rock, la star Patsy Kensit povera ma bella contadina, (è una donna, e non una santa) ne resta affascinata. A cent'anni dalla morte del Santo (fu canonizzato nel '29), Leandro Castellani induce nell'agiografia ma non troppo (grazie ai demeriti di Gazzara), mima talvolta il cinema di Comencini (bambini, cuore e la Torino fine secolo), si lascia trascinar via dagli evitabili buoni sentimenti con qualche patetismo." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 9 Ottobre 1988)

"Leandro Castellani, sorretto da una storia costruita in questo modo, senza molte increspature ma con climi intensi, l'ha rappresentata evitando a sua volta ogni sentimentalismo insistito, attento alla ricostruzione storica dell'epoca ma anche dei modi di vita di quei ragazzi all'inizio abbandonati e sbandati, qui con bozzetti dal vivo, là con pagine meditate e nitide, senza cedere mai ai trionfalismi dei successi né all'iterazione degli ostacoli: con quella figura al centro permeata in egual misura di umanità e di santità. Ottenendo, sia sul piano del racconto sia su quello delle emozioni, dei risultati molto degni. Favoriti da una fotografia (di Renato Tafuri) tutta colori effusi, con dominanti giallo oro, e da una musica (di Stelvio Cipriani) in equilibrio fine tra il profano ed il sacro. Cui va aggiunta, ma non certo per ultima, l'interpretazione di Ben Gazzara come Don Bosco: così somigliante, schietta e concreta da suggerire la preghiera." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 1 Ottobre 1988)