The Truman Show

USA 1998
La vita di Truman Burbank nella cittadina di Seahaven scorre all'apparenza tranquilla: lui lavora come agente assicurativo, ha una moglie infermiera in ospedale, e i vicini di casa tutte le mattine lo salutano con un cordiale 'buon giorno!'. Truman a dir la verità avverte un po' il peso di questa routine, e progetta di fare viaggi, visitare altri paesi, fare nuove esperienze. Ma al momento di concretizzare queste idee, qualcosa sempre lo rimanda indietro: l'impiegata dell'agenzia gli dice che i posti sono esauriti, e anche in macchina il traffico impedisce di uscire di città. Truman si scontra con ostacoli che col passare del tempo cominciano ad apparirgli strani e inspiegabili. Quando, finalmente deciso ad andare a fondo di questi fenomeni, si confida con l'amico Marlon, quest'ultimo commette l'errore che rivela l'inganno. Seahaven non è mai esistita: è solo un gigantesco studio televisivo di Los Angeles dove Truman, del tutto ignaro, vive dalla nascita, dove tutto è azionato meccanicamente e le persone (moglie, amici, colleghi di lavoro) sono attori appositamente ingaggiati. Dalla nascita la vita di Truman va in onda 24 ore al giorno, ed è il più grande successo della storia della televisione. Ma ora Truman ha capito e Christof, il regista di questo perfido gioco, deve arrendersi alla sua voglia di ribellarsi.
SCHEDA FILM

Regia: Peter Weir

Attori: Jim Carrey - Truman Burbank, Ed Harris - Christof, Natascha McElhone - Lauren/Sylvia, Laura Linney - Meryl Burbank, Noah Emmerich - Marlon, Holland Taylor - Mamma, Brian Delate - Kirk, Paul Giamatti - Simeon, Harry Shearer - Intervistatore, Peter Krause - Lawrence, Heidi Schanz - Vivien

Soggetto: Andrew Niccol

Sceneggiatura: Andrew Niccol

Fotografia: Peter Biziou

Musiche: Burkhard von Dallwitz

Montaggio: William M. Anderson

Scenografia: Dennis Gassner

Costumi: Marilyn Matthews

Effetti: Cinesite

Durata: 103

Colore: C

Genere: METAFORA

Produzione: SCOTT RUDIN, ANDREW NICCOL, EDWARD S. FELDMAN, ADAM SCHROEDER PER PARAMOUNT PICTURES E SCOTT RUDIN PRODUCTIONS

Distribuzione: U.I.P. (1998) - CIC VIDEO.

NOTE
- REVISIONE MINISTERO SETTEMBRE 1998.

- 3 NOMINATIONS AGLI OSCAR 1999: MIGLIOR REGISTA, MIGLIORE SCENEGGIATURA, MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA (ED HARRIS)
CRITICA
" Un film difficile da definire. All'apparenza una commedia con toni sereni e brillanti, eppure con venature drammatiche per quella situazione quasi di carcere, di prigionia in cui si trova a vivere il protagonista. Ma anche un racconto di fantascienza, sia pure molto vicina a noi, forse una metafora sul destino dell'uomo nel Terzo millennio prossimo venturo. Comunque lo si voglia definire (ma forse il termine 'metafora' è in grado di riassumere meglio tutti gli altri) si tratta di una storia, appositamente scritta e sceneggiata dal giovane Andrew Niccol (già autore di 'Gattaca, la porta dell'universo'), di grande spessore, di forte coinvolgimento, incisiva sul piano espressivo e delle immagini. Evidente l'intenzione di mettere in luce i confini ormai labilissimi tra realtà e fantasia nella civiltà del Duemila dominata dai media: l'argomento non è nuovo ma è svolto in modi così incalzanti e stringenti da portare in primo piano la riflessione (più ampia e senza confini storici) del rapporto tra l'individuo e la sua manipolazione, tra libertà e schiavitù, tra progresso e ritorno alla barbarie. Un film inquietante, tra denuncia e speranza, che si ricollega a certi scenari apocalittici tipo 'Metropolis' di Fritz Lang, e che in maniera diretta e inequivocabile mette tutti di fronte alle proprie responsabilità: realizzatori ma anche esperti, critici e pubblico." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 126, 1998)


"Originalissima, almeno prima dell'avvento del Grande Fratello, spiritosa eppure angosciante commedia dell'australiano Peter Weir, ambiziosa, astuta, e crudele metafora della vita, dove la libertà è oppressa dal superpotere televisivo. Un difetto: il gioco, alla fine della fiera, rischia di stancare. Un miracolo: il cretino cronico Jim Carrey è diventato di colpo un fenomeno". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 5 novembre 2001)