SOLITUDINE

ITALIA 1941
L'ing. Navarri dopo diversi mesi di indefessa fatica è alla soglia di una importantissima scoperta che libererebbe la grande industria siderurgica da lui diretta, dalla schiavitù del rifornimento all'estero della materia prima. Naturalmente la mole del lavoro e le preoccupazioni ad esso connesse, hanno tenuto l'ingegnere lontano dalla casa dove la giovane e piuttosto frivola moglie, credendosi trascurata, cede alle lusinghe di un corteggiatore, suo vecchio compagno di conservatorio, e decide di abbandonare il marito. E proprio mentre questi sta attraversando un momento delicatissimo assumendosi la responsabilità di un esperimento che potrebbe qualora non riuscisse, troncare la vita di parecchi operai, ella gli rinuncia di voler partire per sempre. Per l'intervento della cugina, la donna ha un attimo di resipiscenza che le fa intravedere l'abisso verso il quale la conduce la sua fatuità e, spontaneamente, ritorna a fianco del marito in una rinnovata luce d'amore.
SCHEDA FILM

Regia: Livio Pavanelli

Attori: Rubi Dalma - Anna, Ciro Berardi - Un Operaio Delle Acciaierie, Emilio Petacci - Socio Delle Acciaierie, Achille Majeroni - Socio Delle Acciaierie, Alfredo De Sanctis - Commendator Navarri, Guglielmo Sinaz - Tommaso, Mario Brizzolari - Ing. Perotti, Jone Morino - Contessa Carli, Mirella D'Arni, Dora Bini, Eugenio Duse, Antonio Centa - Giovanni Fabiani, Andrea Checchi - Ing. Guido Navarri, Nando Tamberlani - Mister Caurel, Giulio Battiferri - Portiere Dell'Albergo, Mario Siletti - Conte Carli, Carola Hohn - Vera Navarri

Soggetto: Corrado Alvaro, Ferruccio Cerio

Sceneggiatura: Corrado Alvaro, Ferruccio Cerio, Linda Riggio

Fotografia: Tino Santoni

Musiche: Ettore Montanaro

Scenografia: Ottavio Scotti

Durata: 84

Produzione: LIVIO PAVANELLI SAFA

Distribuzione: MINERVA FILM

NOTE
IL FILM, PRIMA DEL TITOLO DEFINITIVO, ERA STATO PREANNUNCIATO CON QUELLO DI "ORA SUPREMA".
CRITICA
"(...) E' un chiaro, armonioso e umano film, anche quando riprende motivi romantici e conflitti psicologici risaputi. Ha una sua comunicativa, un suo vigore, una sua commozione di infallibile presa. E' Livio Pavanelli che lo ha diretto-un "vecchio bello" del muto che si rivela, qui regista di polso sicuro e di genuina sensibilità cinematografica-e che ha lavorato con misura e incisività notevoli. Degli attori la bella Carola Hohn dalla medusea testa, ha scatto e sincerità di espressioni assai felici. (...)". (A. Vesce, "Il Mattino", 17/1/1942).