IL CARNIERE

ITALIA 1997
Dall'Italia tre amici, Renzo, Paolo e Roberto, arrivano in Jugoslavia. Come ogni anno, si apprestano a raggiungere una riserva per l'abituale battuta di caccia. Hanno appuntamento con Boris, il capocaccia che li dovrà guidare nei luoghi opportuni. Stavolta però Boris non si fa trovare. Al suo posto, la figlia Rada guida gli ospiti nei boschi ma, alla sera, partono improvvisi colpi di fucile in mezzo agli alberi. Ferito ad una gamba, Paolo viene trasportato all'ospedale della più vicina città, gli altri sono interrogati dalla polizia, nelle stanze e nei corridoi si intravvedono gruppi di altri feriti. Passa la notte, e la mattina rumori di sirene, spari, incendi fanno capire la verità: è l'autunno del 1991 e in Jugoslavia è cominciata la guerra civile tra le varie regioni ed etnie. Gli italiani si trasferiscono in un hotel in disfacimento pieno di soldati, profughi, confusione. Dai palazzi di fronte i cecchini sparano e uccidono. Passerà del tempo, prima che i tre riescano a fare ritorno in Italia. La vicenda è raccontata oggi da un giornalista sportivo, che aveva conosciuto Renzo, Paolo e Roberto in quell'albergo, dove anche lui si trovava per intervistare un giocatore di basket.
SCHEDA FILM

Regia: Maurizio Zaccaro

Attori: Saverio Laganà, Giorgio Tirabassi, Fabio Sartor, Javor Milushev - Boris, Roberto Zibetti - Roberto, Paraskeva Djukelova - Rada, Antonio Catania - Paolo, Massimo Ghini - Renzo, Leo Gullotta

Soggetto: Marco Bechis, Gigi Riva

Sceneggiatura: Marco Bechis, Lara Frender, Gigi Riva, Umberto Contarello, Maurizio Zaccaro

Fotografia: Blasco Giurato

Musiche: Pino Donaggio

Montaggio: Amedeo Salfa

Durata: 94

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: SCOPE A COLORI

Produzione: CLEMI CINEMATOGRAFICA

Distribuzione: BUENA VISTA INTERNATIONAL ITALIA (1997) - MFD HOME VIDEO

NOTE
REVISIONE MINISTERO FEBBRAIO 1997.
DAVID DI DONATELLO 1997 PER MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA (LEO GULLOTTA).
CRITICA
Maurizio Zaccaro, allievo di Olmi, 45 anni, quinto film, è molto bravo a trasformare questa storia sugli "est" del mondo in metafora, in incubo kafkiano, in apocalisse interiore costruendo un set dai toni grigi, opachi, deprimenti. (Il Messaggero, Fabio Bo, 16/3/97).