È vero, i due concetti esistono l’uno in forza dell’altro, ma il film horror con Demi Moore si fonda invece su questa identificazione: il valore personale è interamente informato dall’aspetto fisico

Spirali, vertigini, rotazioni: il mezzo fonografico è plasticizzazione del recupero, del ritorno, della rimessa in circolo. Nel cinema questa ricorsività sonora si può usare per raccontare un tempo fermo, creare flashback senza tornare indietro con la storia

Quello che gli animali (non) dicono: comprenderne il linguaggio è una questione tutta umana. Perché la loro voce è sempre quella del padrone

Il più noto studio di registrazione al mondo uscì dalla crisi grazie alle colonne sonore: dalle band prevalentemente inglesi si passò ad artisti internazionali, da Miklós Rózsa a John Williams

Non lo sarebbe neanche se si scegliesse un repertorio coevo all’epoca in cui il film è ambientato: i casi di C’è ancora domani, Perfect Days e Rosalie

L’arrivo del sonoro trova elezione nella voce. E apre a una terza dimensione, rispetto a quella piatta – schiacciata, meglio – della rappresentazione visiva: ecco che l’attore – con la voce – si sporge verso lo spettatore

Il documentario su Morricone sfida il sostanziale e massificato analfabetismo musicale, e del pubblico e dei cineasti: qui la musica si ascolta, si vede e se ne parla

La zona d’interesse non fa vedere ma solo ascoltare, in Oppenheimer la bomba (in prova) è uno spettacolo di luce ma il terrore arriva al boato: l’unico modo per salvarsi è far finta di non sentire?

Il film con Tilda Swinton è un lavoro sul tempo – sulla compresenza, divisa dal linguaggio, di passato, presente e futuro – e sull’invisibile, quale il suono è